Notizie dal gruppo missionario n. 62

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TIBET

Il buddismo tibetano celebra i 900 anni del Karmapa Lama

Dharamsala – “Il Karmapa è la più antica e riverita reincarnazione del buddismo tibetano. Ed è anche la più longeva, fra i leader spirituali“. È quanto afferma ad AsiaNews Samdhong Rinpoche (…) – presidente del Consiglio del governo tibetano in esilio, a pochi giorni dalle celebrazioni per i 900 anni di vita della stirpe del Karmapa. Il Buddha vivente che occupa il terzo posto della gerarchia della Gelupa – dopo il Dalai e il Panchen Lama – vive in India dal 2000 per sfuggire alle mire della Cina ed è considerato il successore “naturale” del Dalai Lama.

Il nome di battesimo del 17mo Karmapa Lama è Trinley Thaye Dorje; egli è nato nel 1983 ed è fuggito all’età di 14 anni (nel 1999) dal monastero di Tsurphu (Tibet centrale), dove era controllato da guardie cinesi.

Dopo un lungo viaggio tra i monti in pieno inverno, nel gennaio 2000 è giunto in India, che gli ha dato asilo. Da allora vive a Dharamsala, sede del Dalai Lama e del governo tibetano in esilio, può viaggiare per lo Stato, ma gli occorre un permesso ufficiale per ricevere visite. “I 900 anni della tradizione del Karma – sottolinea il presidente del Consiglio – sono significativi perché diventano occasione per consolidare e rafforzare la religiosità tibetana“.

Ecco, di seguito, l’intervista rilasciata da Samdhong Rinpoche ad AsiaNews: Perché il governo indiano da 10 anni adotta restrizioni ai movimenti del Karmapa? Egli ha potuto lasciare una sola volta l’India, nel 2008, per recarsi negli Stati Uniti.

Il Governo indiano garantisce sicurezza e protezione al Karmapa, soprattutto perché quando aveva otto anni egli è stato la prima reincarnazione riconosciuta sia dal Dalai Lama che dal governo cinese. Assume un’importanza fondamentale nel caso i cui manchino sia il Dalai Lama che il Panchen Lama, per questo la Cina vuole sfruttarlo per i propri scopi. Questi i motivi per cui il governo indiano presta molta attenzione nel proteggerlo.

Perché la Cina ha paura del Karmapa?

La Cina considera la religione buddista e la sua cultura come fossero una cosa sola con l’identità tibetana. Adesso, tutte le attività spirituali e la crescita e la sua prosperità creano scontento fra i funzionari governativi di Pechino, li innervosiscono e lo temono, soprattutto perché è stato riconosciuto anche dal partito comunista.

Qual è l’insegnamento più importante che proviene dal Karmapa?

Il Karmapa è un discepolo del Dalai Lama e, negli ultimi 10 anni, egli ne ha ricevuto gli insegnamenti, ne ha seguito le indicazioni; il Karmapa promuove la cura dell’ambiente e della spiritualità, tra gli altri insegnamenti. Con le voci che si sono sollevate di una possibile rinuncia del Dalai Lama, il Karmapa dovrà assumere ulteriori responsabilità. Il Dalai dovrebbe abbandonare la leadership temporale, il governo tibetano dovrebbe occuparsi delle questioni amministrative, quindi non vi saranno cambiamenti nel funzionamento della struttura.

Ricorrono i 900 anni dalla comparsa del primo Karmapa: qual è l’elemento più importante di questa celebrazione?

I 900 anni della tradizione del Karmapa sono significativi perché diventano occasione per consolidare e rafforzare la religiosità tibetana e la sua identità culturale nel cuore di ogni tibetano, dovunque nel mondo. La cerimonia di due giorni per celebrare i 900 anni della stirpe del Karmapa si terrà l’8 dicembre a Bodh Gaya, in India. (N.C.)


Da AsiaNews, 3 marzo 2010

Pechino, il falso Panchen Lama entra nel governo

di Nirmala Carvalho

Dharamsala – (…) Nel maggio del 1995 il Dalai Lama in esilio in India ha riconosciuto il nuovo Panchen Lama nel piccolo Gedhun Choekyi Nyima, bambino di 6 anni.

L’Ufficio Affari Religiosi di Pechino, per indebolire l’autorità del leader buddista, ha scelto invece nel novembre dello stesso anno Gyaincain Norbu, un altro bambino di 6 anni, adducendo speciali ragioni rituali .

Dopo il riconoscimento, il piccolo Gedhun è stato sequestrato dalla polizia e da allora non si è più visto. Oggi ha 20 anni, e per le autorità cinesi “studia nel suo villaggio e non vuole essere disturbato”.

Hao Peng, vice presidente della Regione autonoma tibetana e quindi voce ufficiale del governo, sostiene che “la partecipazione del Panchen Lama alle attività sociali della Cina dimostra il ruolo importante che ricoprono i Buddha viventi nel nostro mondo. Norbu è molto amato in Tibet, e tutti sono molto felici per la sua nomina. Spero che possa continuare così, dimostrando amore per la madre patria”.

Nonostante tutto questo amore, Gyaincain Norbu raramente si reca nel monastero al quale appartiene per tradizione il Panchen Lama, il Tashilunpo, che si trova in Tibet. Il giovane passa la maggior parte del suo tempo a Pechino, studiando con i suoi maestri e attorniato dalle cure e dal controllo del Partito. Finora si è tenuto lontano dai riflettori e dai mezzi d’informazione stranieri.

Ma ha concesso interviste ai giornali cinesi in cui si osanna la funzione del Partito comunista per la riconciliazione e l’armonia della società.

Attraverso Gyaincain Norbu Pechino vuole offrire l’unica immagine di sviluppo del buddismo tibetano: quello sottomesso al Partito, sullo stile di tutte le religioni ufficiali presenti in Cina. Il giovane è visto anche come un possibile antagonista del Dalai Lama (…).

Sia il Dalai Lama che il Panchen Lama sono membri della setta dominante del buddhismo tibetano, quella dei Gelupa (o “della sciarpa gialla“).

Entrambi appartengono a dei lignaggi – religiosi ed etnici – che si perpetuano attraverso successive reincarnazioni. Tradizionalmente, il Dalai Lama in carica partecipa alla selezioni del nuovo Panchen Lama e viceversa: in futuro, quindi, Pechino potrà giocare la carte del Panchen al momento della scelta del successore dell’attuale Dalai Lama, che sarà una partita politica importante per il futuro del Tibet.

Per preservare la figura del leader del buddismo tibetano, l’attuale XIV Dalai Lama ha più volte fatto cenno al fatto che la sua prossima reincarnazione potrebbe nascere fuori dal Tibet, in modo da allontanarsi dall’influenza cinese. (…)

Anno II, n. 33

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