“DIO È AMORE, E NULLA MAI CI SEPARERÀ DAL SUO AMORE”

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«Noi abbiamo creduto l’amore che Dio ha per noi» (1Gv 4,16).

I discepoli di Gesù credono nell’amore di Dio per noi, di cui siamo oggetto, ma anche nel suo amore in noi, che s’incarna in noi, dentro ciò che ci fà persone: Dio è l’amore in ogni amore.

Non ci sono due amori, uno del cielo e uno della terra, ma un solo grande amore, che è “il grande mistero” (Ef 5,32).

Dio è amore, tutto l’amore.

Una delle affermazioni più innovative di Benedetto XVI ci restituisce la rivelazione biblica di un Dio in cui non c’è solo agape (amore che si dona) ma anche eros (attrazione, passione, gelosia). Dalle Sacre Scritture emergono diverse sfumature di questo amore.

Amore di sposo Il Cantico dei Cantici, i Profeti, Gesù stesso, offrono la chiave riassuntiva dell’intero arco della storia della salvezza nella metafora nuziale tra Dio e l’uomo. Da quando Dio ti mette in vita, ti invita alle nozze con lui. La Bibbia stessa si chiude con una visione nuziale: «La città scendeva dal cielo, bella come una sposa pronta per l’incontro d’amore… E lo Spirito e la sposa dicono “Vieni!”. E chi ascolta ripeta: “Vieni!”» (Ap 22, 17).

Il compimento finale è un abbraccio, l’unione con un Dio che cade sul mondo come un bacio.

Amore di innamorato «Il Signore esulterà di gioia per te, si rallegrerà per te con grida di gioia» (Sof 3, 17). Il profeta Sofonia ha la visione di un Dio felice, che grida a me, a te, ad ogni creatura: “Tu mi fai felice”.

Mai Dio aveva gridato nella Bibbia. Aveva parlato, sussurrato, tuonato, era venuto in forma di angeli, con il Profeta Sofonia per amore Dio grida: “Tu mi fai felice”.

Dio ha messo la sua felicità nelle nostre mani, come fa ogni innamorato. Il profeta aggiunge «Ti rinnoverà con il suo amore»: l’amore è una forza che rende nuova la vita.

Amore amatoUna donna nella casa di Simone il fariseo, per tutti “la peccatrice”, per Gesù la donna che ha molto amato, con un vaso di profumo, prezioso perchè misto a lacrime: il suo cuore si racconta davanti a tutti con il linguaggio delle carezze. La casa si riempie di profumo e di gesti di tenerezza, gesti desiderati da Gesù («Tu Simone non mi hai dato il bacio»), compiuti da una donna senza parole che diventa profetessa. Peccatrice e profeta insieme rivelano quello che è il sogno di Dio: «L’amore io voglio!» (Os 6,6).

Gesù, il Dio che vuole l’amore, nell’ultima sera ripeterà il gesto della peccatrice innamorata, laverà i piedi dei suoi discepoli e li asciugherà. C’è qualcosa di grandioso in questo: Dio imita i gesti di una donna. Gesù fa suo il gesto di una peccatrice. Creatore e creatura, mendicanti d’amore, si incontrano. Quando ama, l’uomo compie gesti divini; e Dio, a sua volta, ama con cuore di carne.

Amore amante A Betlemme ha fine l’esodo di Dio in cerca dell’uomo, quando la sua passione di unirsi realizza l’Incarnazione, l’impensabile.

L’amore non ha protetto Dio, lo ha esposto consegnandolo alla precarietà della carne e perfino al rischio di essere rifiutato.

«Maria partorì il suo figlio, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia».

La madre avvolge e nutre il Bambino di latte, di sogni, di carezze.

Nel Bambino l’amante diventa l’amato, vivrà solo perchè una madre e un padre gli daranno il loro cuore; potrà essere felice, realizzato, solo perchè, a partire da loro, ha sperimentato l’amore.

Fasce e mangiatoia sono anche simboli che contengono un anticipo del vangelo totale. In molte icone orientali della natività il Bambino è deposto in una culla che ha foma di sarcofago, avvolto in fasce come un defunto nelle bende della sepoltura: il mistero del Natale apre già sul mistero della Pasqua, il legno della mangiatoia evoca il legno della croce.

Quel Bambino è già il Cristo nel suo destino di solidarietà assoluta con ogni carne: neppure il suo sangue ha tenuto per sè, neppure il suo respiro, neppure il suo corpo.

La passione di Dio di unirsi all’uomo giunge al culmine, e prosegue, ripresa da ogni Eucarestia: il luogo dove l’Amante si trasforma in un banchetto d’amore per l’amato, si fa pane, si lascia mangiare, diventa una stessa carne con l’amato.

Amore di mendicante Tre domande Gesù rivolgerà a Pietro. Tre domande sempre uguali, ogni volta diverse: «Simone, mi ami più di tutti?». Gesù usa il verbo dell’amore grande, totale, divino (Agapas me?). Pietro risponde con il verbo umile dell’amicizia e dell’affetto: «Ti voglio bene» (Fileo se). Nella seconda domanda Gesù riduce le attese, cancella il confronto con gli altri: «Simone, mi ami?». Nella terza domanda succede qualcosa di straordinario. Gesù adotta il verbo di Pietro, si abbassa, lo raggiunge là dov’è: «Simone mi vuoi bene?».

Dammi affetto se l’amore è troppo; amicizia, se l’amore ti mette paura. E mi basterà, perchè il tuo desiderio d’amore è già amore. Dio mendicante d’amore.

Amare significa dire tu non morirai. Dio è padre solo se ha figli vivi per sempre, se il loro legame è più forte della morte: «Nè vita nè morte, nè angeli nè demoni…, nulla mai ci separerà dall’amore di Dio» (Rm 8, 38-39).

Nulla, e sono convocate tutte le creature del cielo, della terra, degli inferi; mai, ed è convocata tutta la storia, i secoli e gli istanti: nulla mai ci separerà.

Il futuro è amore inseparato, il nome dell’uomo è “amato-per-sempre”.

(padre Ronchi Ermes )