PAPA FRANCESCO: ECCO COSA È IL NATALE…

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Che cosa significa per lei il Natale?

«È l’incontro con Gesù. Dio ha sempre cercato il suo popolo, lo ha condotto, lo ha custodito, ha promesso di essergli sempre vicino. Nel Libro del Deuteronomio leggiamo che Dio cammina con noi, ci conduce per mano come un papà fa con il figlio. Questo è bello.

Il Natale è l’incontro di Dio con il suo popolo.

Ed è anche una consolazione, un mistero di consolazione e pace.

Per me il Natale è sempre stato questo: contemplare la visita di Dio al suo popolo».

 

Che cosa dice il Natale all’uomo di oggi?

«Ci parla della tenerezza e della speranza.

Dio incontrandoci ci dice due cose.

La prima è: abbiate speranza. Dio apre sempre le porte, mai le chiude. È il papà che ci apre le porte.

Secondo: non abbiate paura della tenerezza.

Quando i cristiani si dimenticano della speranza e della tenerezza, diventano una Chiesa fredda, che si imbriglia nelle ideologie, negli atteggiamenti mondani.

Mentre la semplicità di Dio ti dice: vai avanti, io sono un Padre che ti accarezza.

Ho paura quando i cristiani perdono la speranza e la capacità di abbracciare e accarezzare. Forse per questo, guardando al futuro, parlo spesso dei bambini e degli anziani, cioè dei più indifesi.

Nella mia vita di prete, andando in parrocchia, ho sempre cercato di trasmettere questa tenerezza soprattutto ai bambini e agli anziani. Mi fa bene, e mi fa pensare alla tenerezza che Dio ha per noi».

 

Come si può credere che Dio, considerato dalle religioni infinito e onnipotente, si faccia così piccolo?

«I Padri greci la chiamavano “synkatabasis”, condiscendenza divina. Dio che scende e sta con noi.

È uno dei misteri di Dio.

A Betlemme, nel 2000, Giovanni Paolo II disse che Dio è diventato un bambino totalmente dipendente dalle cure di un papà e di una mamma.

Per questo il Natale ci dà tanta gioia. Non ci sentiamo più soli, Dio è sceso per stare con noi».

 

Il Natale viene spesso presentato come fiaba zuccherosa. Ma Dio nasce in un mondo dove c’è anche tanta sofferenza e miseria.

«Quello che leggiamo nei Vangeli è un annuncio di gioia. Gli evangelisti hanno descritto una gioia.

Non si fanno considerazioni sul mondo ingiusto, su come faccia Dio a nascere in un mondo così. Tutto questo è il frutto di una nostra contemplazione: i poveri, il bambino che deve nascere nella precarietà.

Il Natale non è stata la denuncia dell’ingiustizia sociale, della povertà, ma è stato un annuncio di gioia.

Tutto il resto sono conseguenze che noi traiamo. Alcune giuste, altre meno giuste, altre ancora ideologizzate.

Il Natale è gioia, gioia religiosa, gioia di Dio, interiore, di luce, di pace.

Quando non si ha la capacità o si è in una situazione umana che non ti permette di comprendere questa gioia, si vive la festa con l’allegria mondana. Ma fra la gioia profonda e l’allegria mondana c’è differenza».

 

È Natale, in un mondo dove non mancano conflitti e guerre…

«Dio mai dà un dono a chi non è capace di riceverlo.

Se ci offre il dono del Natale è perché tutti abbiamo la capacità di comprenderlo e riceverlo.

Tutti, dal più santo al più peccatore, dal più pulito al più corrotto. Anche il corrotto ha questa capacità: poverino, ce l’ha magari un po’ arrugginita, ma ce l’ha.

Il Natale in questo tempo di conflitti è una chiamata di Dio, che ci dà questo dono.

Vogliamo riceverlo o preferiamo altri regali?

Questo Natale in un mondo travagliato dalle guerre, a me fa pensare alla pazienza di Dio.

La principale virtù di Dio esplicitata nella Bibbia è che Lui è amore. Lui ci aspetta, mai si stanca di aspettarci.

Lui dà il dono e poi ci aspetta.

Questo accade anche nella vita di ciascuno di noi.

C’è chi lo ignora. Ma Dio è paziente e la pace, la serenità della notte di Natale è un riflesso della pazienza di Dio con noi».

 

(A. Tornielli)