2 “La partecipazione all’Eucarestia cuore della domenica”

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IL SILENZIO DOPO L’OMELIA

Richiamata l’importanza del silenzio all’inizio della celebrazione eucaristica, vogliamo questa settimana soffermarci sul silenzio dopo l’omelia.

La Liturgia della Parola culmina nella proclamazione del Vangelo e al Vangelo segue l’omelia, che ha il compito di aiutare i fedeli ad appropriarsi in modo vitale dell’annuncio fatto mediante le letture bibliche, favorendo l’opera dello Spirito Santo in noi, il nostro Maestro interiore.

Da sola però, l’omelia, per quanto ben fatta, non produce un reale ascolto della Parola, una sua piena assimilazione orante e una sua messa in pratica nella vita quotidiana. Perché questo accada, alla predicazione deve accompagnarsi un tempo di silenzio il cui scopo è quello di dilatare l’ascolto della Parola di Dio e di interiorizzarla, un tempo grazie al quale ciascun fedele possa fare proprio il dono della Parola, affidandosi alla sua potenza rinnovatrice.

Ecco perché la norma liturgica raccomanda con forza che, al termine dell’omelia, venga lasciato “qualche momento di silenzio”, un anticipo di quel tempo più prolungato di riflessione e di preghiera che ciascun fedele dovrà impegnarsi a trovare nel corso della settimana per non perdere la grazia di quanto ha ascoltato la domenica.

Il silenzio dopo l’omelia, uno o due minuti, è poco più di una breve pausa, ma sufficiente, se ben utilizzata, perché ciascun fedele, mentre è ancora seduto nella posizione del discepolo che ascolta incominci a domandarsi: «Che cosa mi è stato detto? Quale messaggio oggi il Signore mi affida? Su quale parola dovrò tornare nel corso della settimana perché porti realmente frutti di vita in me? Quali motivi di preghiera mi sono stati suggeriti?».

Se si decide di fare seriamente questo piccolo, ma intenso esercizio di meditazione, il tempo di silenzio a disposizione non basterà e verrà naturale prospettare la sua prosecuzione in un tempo successivo.

Al contrario, se ci si metterà in attesa che il silenzio termini e la celebrazione riprenda, quella pausa risulterà interminabile, fastidiosa e irritante. Sarebbe allora il caso di non sottovalutare il segnale che ne viene: forse abbiamo perso la capacità di ascoltare la Parola e di farle spazio nell’intimo del nostro cuore; forse, prima ancora, abbiamo perso l’umana capacità di concentrarci su un messaggio che ci è stato comunicato mediante la parola e di interiorizzarlo con la riflessione.

Il silenzio dopo l’omelia ci offre dunque l’opportunità di riattivare l’uso delle nostre facoltà interiori (il pensiero, l’immaginazione, il sentimento, l’emozione) per conoscere il pensiero di Cristo, per farlo diventare faro che illumina le nostre scelte di vita, per metterlo al centro della nostra preghiera e della nostra azione.

Nella sacra Scrittura il Signore “parla agli uomini come ad amici”: egli ci attira a sé, ci illumina, ci conforta, ci guida, ci corregge. Il silenzio dopo l’omelia permette alla Parola di risuonare meglio in noi affinché – come accadde ai discepoli di Emmaus – il nostro cuore possa ardere d’amore per il Signore e il nostro cammino possa diventare più sicuro e sereno.

(Arcidiocesi di Milano)