4. SPUNTI STORICI ANTICHI E NUOVI PER LA COMUNITÀ PASTORALE “MARIA MADRE DELLA CHIESA”

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La signoria

All’inizio del secolo XIII infieriscono aspre lotte tra Guelfi, sostenuti dal Papa, e Ghibellini, fautori dell’Imperatore.

In questo periodo le città italiane sono spesso travagliate da fiere contese interne fra partiti, fazioni, nobili, popolo e clero, schierati, chi dalla parte guelfa chi dalla parte ghibellina. Questa irrequietezza dei comuni è l’effetto del loro stesso sviluppo, del prosperare della vita economica, della floridezza delle industrie, del commercio e dell’importanza che vanno assumendo i nuovi ceti sociali (mercanti, artigiani, imprenditori) che, esclusi dal governo dei Comuni, retto dai nobili, mirano ad associarsi al potere della città.

Questo dualismo di potere è causa di ulteriori conflitti interni, che riescono a provocare profonde trasformazioni delle istituzioni comunali, così la somma dei poteri passò dai consigli comunali ad un solo individuo, il “signore“, appartenente a nobile famiglia feudale di origine borghese, ma eccellente per prestigio o per meriti militari.

Questa nuova forma di governo viene chiamata “SIGNORIA”.

Le signorie si affermano principalmente nelle città dell’Italia settentrionale.

A Milano si affermò la signora dei Visconti a cui, nella persona di Matteo Visconti, il potere vicario di Milano è legalmente conferito dall’Imperatore Arrigo VII il 13 luglio del 1311.

Da allora la Signoria dei Visconti va, sia pure con alterne vicende sempre più consolidandosi in potere ed in influenza politica.

I Visconti allora dominavano su Milano, Bergamo, Piacenza, Alessandria, Tortona, estendendo il loro protettorato sulle Signorie minori delle altre città lombarde.

Va ricordata più avanti la figura di Giovanni Visconti che seppe riassumere in sé le due massime cariche religiosa e civile e che, alla morte avvenuta nel 1354, lasciò il potere ai nipoti Galeazzo, Bernabò e Matteo.

Le contese interne alla famiglia, più sotterranee che palesi, ebbero fine drammatica con l’arresto e l’uccisione, nel castello di Trezzo, di Bernabò ad opera del nipote Gian Galeazzo nel 1385.

“EL PRINCIPIO DIL DOMO DI MILANO FU NEL ANNO 1386”, si legge su una lapide murata all’interno vicino al sepolcro di Ariberto.

Nel 1386, a Milano, si dà inizio alla costruzione del Duomo, l’opera alla quale: “ha posto mano e cielo e terra” e anche qualche cernuschese tra i quali i fratelli Pietro e Ambrogio Manuzio da Cernusco ambedue architetti ducali e sovraintendenti alle fabbriche di città e del Ducato.

In seguito, nel secolo XV, nei registri della fabbrica del Duomo insieme con Ambrogio Manuzio si trova Girolamo da Cernusco.

Mons. Ghezzi, prevosto di Cernusco, nel suo libro “Cisnusculum“, in base a documenti, riporta il nome dello scultore Luchino da Cernusco, che venne mandato alle cave di Candoglia a scegliere i marmi occorrenti, e di Enrico Bianchino da Cernusco, probabilmente suo fratello, che nel 1478 venne invitato a scolpire le statue del Duomo insieme con altri scultori.

Sull’idea ispiratrice e quindi sulle origini del Duomo fiorirono diverse leggende.

Gian Galeazzo Visconti
Gian Galeazzo Visconti

Non priva di fondamento sembra questa: negli anni in cui deteneva il potere Gian Galeazzo Visconti scoppiò tra la popolazione una strana epidemia che colpiva tutti i bambini di sesso maschile.

Il Duomo di Milano
Il Duomo di Milano

La cittadinanza e il principe pensarono di implorare la benedizione di Dio erigendo in onore Maria Bambina, davanti al palazzo ducale, una chiesa che fosse la più bella e la più grande del mondo.

Gian Galeazzo, poi, fece voto che: “havendo figlioli a tutti, videlicet a maschi e femine li metterebbo nome Maria et sic fecit“.

Da qui la pia consuetudine di offrire i figli alla Madonna imponendo loro il nome di Maria.

Cominciarono i Visconti che chiamarono i loro figli: Filippo Maria, Giovanni Maria, Gabriele Maria…

La prima pietra del Duomo fu posta il 15 marzo 1386 dall’Arcivescovo Antonio da Saluzzo (1376-1402) sepolto in Duomo.

A CERNUSCO, in quegli anni, la chiesa di S. Maria era diventata Parrocchia.

Chiesa Natività di Maria Vergine in Camporicco
Chiesa Natività di Maria Vergine in Camporicco

L’anno di erezione non ci fu dato di trovarlo e tanto meno il nome del primo parroco o rettore.

Ma mons. Ghezzi scrive: “Della esistenza della parrocchia a Cernusco abbiamo conferma palese nei documenti del 1388”.

Infatti, si legge nelle note d’archivio della Curia Arcivescovile di Milano che, essendo Arcivescovo il pio Antonio da Saluzzo, il quale cooperò con Gian Galeazzo Visconti ad edificare il Duomo di Milano, fu distaccata dalla Parrocchia di S. Maria di Cernusco la chiesa di Camporicco.

Di tutto ciò è memoria anche in una lapide marmorea che è tuttora murata nella chiesa di Camporicco e anche questa lapide porta la data del 1388.

Campanile Chiesa antica S. Maria (Cernusco s/N)
Campanile Chiesa antica S. Maria (Cernusco s/N)

Quindi “quegli anni” di cui sopra vanno dal 1376, data di ingresso dell’Arcivescovo Antonio, al 1388.

Il testo della lapide marmorea (è in latino e tradotto in italiano) dice:

Nel nome di Cristo, amen.

Questa età e la futura posterità in eterno sappiano che questa chiesa, della quale il presbitero Andrea da Abbiategrasso, al posto e con l’autorità del sig. Arcivescovo di Milano, pose le prime pietre il 22 di giugno nell’anno della natività del Signore 1388, ad onore e sotto il nome della natività dell’alma genitrice di Dio Maria, la costruì nel proprio terreno e la dotò con propri beni, con ottenimento di perpetuo diritto di patronato e con esenzione non gravata che dal diritto parrocchiale, il nobile signor Bonizio, nato dal fu eminente ed egregio signor Giacomo Corio di Milano e consorte dell’egregia signora Francesca dei nobili Parravicino, per aiuto salutare delle loro anime e dei loro defunti”.

Ed e’ proprio uno di questi, esattamente il nobile Bonizio Corio che il 22 giugno 1388 regnando Gian Galeazzo Visconti, diede inizio alla costruzione di un oratorio in onore della Nativià’ di Maria e ne ottenne il giuspatronato (istituto giuridico di diritto canonico, consistente in una somma di privilegi e di oneri che, per concessione della Chiesa, competono ai fondatori di chiese, di cappelle e di benefici, e ai loro eredi) dall’Arcivescovo di Milano, Antonio dei marchesi di Saluzzo.

 Pestilenze e carestie

Nella seconda metà del 1300 (1350-1400) fu caratterizzata delle ricorrenti epidemie di peste.

Per ben quattro volte il contagio seminò la morte e la disperazione nel milanese, (1361-1373-1382-1384).

La pestilenza costrinse Bernabò Visconti a vietare la circolazione tra città e contado.

Gli ammalati erano mandati a morire “ ad cassinas”, nella campagne o nei boschi, ed era fatto obbligo ai preti ed ai frati di constatare l’insorgere della malattia ed avvertire tempestivamente gli “inquisitori”.

Il divieto di entrare in Milano da parte di coloro che provenivano da zone infette si protrasse sino al 1425.

Il conseguente blocco di ogni scambio commerciale e dei trasporti di derrate portò ad una crisi economica e alla inevitabile carestia, che solo in parte fu alleviata dalle disposizioni di Gian Galeazzo Visconti, che ordinò una serie di norme per bloccare “l’imboscamento del grano”.

Per realizzare il suo progetto il Visconte aveva fatto prolungare il Naviglio Grande da Porta Ticinese fino alle spalle della costruenda basilica.

Il luogo verrà poi denominato (e lo è tuttora) via Laghetto, dallo specchio d’acqua a cui approdavano i barconi carichi di marmi di Candoglia, nella bassa Val d’Ossola, prelevati in Val di Toce e trasportati attraverso il Lago Maggiore e il Ticino.

Gian Galeazzo Visconti muore nel 1402, stroncato dalla peste, a 55 anni.

 

                        (A cura di Mons. Bruno Magnani)

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