CON GESÙ: INCONTRI DI SEPARAZIONE, DI LIBERTÀ, DI VITA

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Per Cristo l’essenziale, «la parte migliore», è ascoltare la sua Parola e metterla in pratica. Ciò che desidera sono uomini e donne che abbiano occhi per vedere e orecchie per intendere, al fine di capire, per essere riportati alla loro vocazione originale, ossia diventare figli e figlie del Padre suo.

In particolare gli incontri di Gesù con le donne sono momenti eccezionali, anzi addirittura fondanti.

Quando Gesù è stanco, quando soffre, quando chiede un gesto di affetto, quando muore e quando risorge, le donne sono presenti, sono lì.

Incontri di separazione e di libertà.

Gesù è nato da una donna e la sua nascita pone Maria, la prima donna del Vangelo, in una condizione particolare: quella di madre di suo figlio e anche quella di discepola. Nulla viene detto sul rapporto di Gesù con sua madre in termini di tenerezza, di maternità, e tanto meno di affetto. Tutti i vangeli sottolineano il progressivo distacco di Gesù da sua madre e viceversa.

Gesù a dodici anni nel tempio di Gerusalemme prende le distanze da sua madre preoccupata dicendole: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? …Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore». Lei resta sua madre, ma accetta di lasciargli spazio, serba ciò che ha udito con le sue orecchie interiori e non trattiene il figlio.

Entra in un altro “possesso”, per così dire, quello della Parola che costruisce. Abbandona un attaccamento che potrebbe ostacolare suo figlio e lei stessa. Accetta che il figlio le sfugga, ma serba nella mente le sue parole e i suoi atti e lo protegge in un altro modo.

Parimenti, in seguito, quando Gesù insegna tra la folla seduta attorno a lui e gli viene detto: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano», lui risponde: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre».

Gesù con la sua parola taglia, recide, rovescia e purifica ogni legame di possesso.

L’incontro con Gesù apre, amplia e dà il senso della relazione con lui. Uomo o donna, colui o colei che ascolta e che radica la sua parola nella propria vita, diviene madre e fratello, e questo legame di fiducia va oltre i legami di sangue.

Incontri che danno vita, che fanno nascere.

Quando Maria accetta di portare in grembo il figlio di Dio, e fa nascere alla vita suo figlio, ci rivela una delle vocazioni fondamentali di ogni donna: è una collaboratrice e una rivelatrice del Padre e della sua volontà.

Ma c’è poi l’incontro della nuova nascita: Maria Maddalena, un’altra madre per la Chiesa.

Quando Maria Maddalena incontra Gesù risorto, sta appena facendosi giorno, avviene al mattino molto presto, “quand’era ancora buio”, un po’ come l’oscurità del primo giorno della settimana nel libro della Genesi, quando Dio crea la luce e la separa dalle tenebre.

Gesù si è ripreso dal sonno della morte e incontra Maria Maddalena nel giardino lì accanto. Lei non lo riconosce subito, allora Gesù l’interpella dicendole: «Donna, perché piangi?».

Aveva già utilizzato l’appellativo “donna” per la propria madre, la prima volta alle nozze di Cana, poi, in seguito, qualche istante prima di morire sulla croce, quando dice: «Donna, ecco il tuo figlio!».

Ebbene, nell’incontro di Gesù con Maria Maddalena, avviene una cosa eccezionale (che egli non fa per nessuna’altra donna nel vangelo di Giovanni): la chiama per nome: «Maria». È Cristo stesso risorto che la chiama per nome e così facendo la risveglia e in un certo senso la resuscita. In effetti sino a quel momento lei aveva visto Gesù ma non l’aveva riconosciuto, non l’aveva dunque ancora visto. Sono le sue orecchie interiori che cominciano a percepirlo. Poi lei lo tocca, entra in contatto e così lo riconosce. Allora Cristo la rimprovera dicendole: «Non mi trattenere», perché una piena glorificazione deve accadere: Cristo deve salire al Padre.

Il gesto di toccare “visibile” e tattile di Maria conferma la missione di Cristo: egli deve condurre e portare tutta l’umanità al Padre. Ed è allora che le dice «Va’ dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».

Invia la prima discepola risorta, la prima degli apostoli e lei si fa portavoce di Cristo.

Ha riconosciuto il risorto ascoltandolo e lo ha annunciato, perché non può più trattenersi dal parlare.

In effetti ha capito con tutte le fibre del suo essere che l’umanità non è fatta per la morte, ma che in Cristo risorto la supera e l’attraversa perché un’altra vita l’attende.

La sua parola è indubbiamente tra le più audaci e più feconde della storia umana.

I discepoli, udendola annunciare la buona e felice novella, sono obbligati a essere uomini nuovi: devono ormai vivere come lui, ossia come figli del Padre.

Questa sorpresa incredibile della resurrezione, questa “buona novella” nei secoli dei secoli conservata, custodita, protetta, fa fruttificare e fa rinascere ogni nuovo lettore e ascoltatore che ne viene a conoscenza: è l’annuncio di Pasqua!

Mettersi in cammino per incontrare Cristo risorto è un’avventura che ci trasforma, ci cambia e modifica le nostre concezioni di vita, è un pellegrinaggio interiore

che non finisce mai.

 

Catherine Aubin, domenicana