Al “centro” di tutto?

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Domenica scorsa con la Festa del Battesimo di Gesù concludendo il Tempo del Natale abbiamo vissuto la grande gioia di ben quattro battesimi nella nostra Comunità: Camilla, Federico, Daniele ed Antonio. A loro, ai genitori, padrini e madrine il nostro grazie e la nostra preghiera.

Celebrare questa “festa” del Battesimo di Gesù, ci ha permesso (come la Liturgia ha ben sottolineato in alcune, davvero, belle preghiere), da una parte, di “ravvivare ogni giorno in noi la grazia battesimale” e, dall’altra, di verificare ed essere provocati sul “dirci con verità ed essere realmente suoi figli”. Come impegno ho dato ai ragazzi (ma non solo a loro, mi raccomando!) di fissare e ricordare sempre la data del proprio Battesimo.

Senz’altro, il Battesimo al fiume Giordano segna, nel cammino di Gesù, anche l’inizio della sua vita pubblica, della sua missione in mezzo a noi. Ma, leggendo attentamente il Vangelo, c’è un “particolare” che mi ha incuriosito e, vi confido, è stato spunto per la riflessione di oggi.

Infatti, nel Vangelo di Marco, troviamo scritto: “Dopo che Giovanni fu arrestato, il Signore Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio” (Mc 1,14). Pensate un po’?

Gesù, dopo essersi recato dal Battista, dopo essersi messo in fila con la folla sulla riva del fiume Giordano, dopo aver ricevuto anche lui da Giovanni il battesimo… inizia il suo ministero “dopo che Giovanni fu arrestato”.

Eh sì! Gesù “inizia” il suo ministero solo “dopo” che Giovanni è stato arrestato e ha concluso la sua missione. E’ un gesto di estrema umiltà quello di Gesù. E’ un gesto che dice rispettosa attenzione. Vedete, Gesù non entra a gamba tesa sul lavoro di un altro. Gesù non si impone al lavoro di Giovanni, non pensa a Giovanni come ad un pericoloso concorrente e non avoca a sé i diritti e i privilegi dell’essere il “figlio di Dio”. Pensate un po’: Gesù entra in punta di piedi, si affianca al lavoro di un altro e lo continua.

Come potete facilmente ben immaginare, il pensiero di un semplice “parroco della Martesana” non può non andare al nostro Paese, alla nostra Comunità, al mio essere prete.    Penso a quante volte, forse, anche nei nostri ambienti (in famiglia, al lavoro, in una squadra sportiva, in parrocchia…) capita forse di fissarci a guardare al nostro impegno, al mio tempo di volontariato come al “cuore” e al “centro” di tutto. La filosofia sottile che ci guida è: l’importante è solo quello che faccio io.

La provocazione che colgo anzitutto per me e desidero condividere con ognuno di voi (che in ruoli diversi viviamo una responsabilità, un servizio, un incarico, un impegno nel nostro Paese e nella nostra Comunità) è questa: ma se il Figlio di Dio ha avuto la sottile umiltà di rispettare il lavoro di un altro forse qualcosa ha da dire anche a noi, anche a me!

Buona riflessione e buona settimana!

 

Don Massimo