L’arcivescovo di Bologna, nuovo presidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana)

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Il posto dei cristiani da duemila anni e più è la strada. Sì, è vero, ce ne sono anche altri di posti che i cristiani hanno costruito, che custodiscono e sentono loro e nei quali, da secoli, a volte senza convinzione, infinite altre per passione e per pura e semplice fedeltà a Chi ha detto: «Io sono la via, la verità e la vita», si riuniscono e accolgono coloro che stanno alla porta, che vengano da vicino o da lontano, assetati di Dio e di giustizia, affamati di pane e di pace, in cerca di cielo o solo di ascolto. Eppure, è un fatto: l’unico posto che Gesù ha consegnato a chi gli vuol star dietro è proprio la strada. Ogni strada del mondo. Ma mai da soli, sempre almeno in due. E con un mandato deciso: andare incontro, e avere una Parola da dire.

Matteo Maria Zuppi, vescovo e cardinale, nuovo presidente della Cei, l’ha scandito in modo piano e limpido, ieri, nelle prime dichiarazioni dopo la nomina del Papa, seguita alle tre indicazioni dell’Assemblea dei vescovi italiani: «La nostra è una Chiesa che sta per strada, che cammina insieme, che vuol raggiungere il cuore degli uomini e delle donne, e che parla a tutti nell’unica lingua universale: l’amore. Sappiamo che non siamo soli: il Signore c’è. E sappiamo di avere tanti compagni di viaggio, consapevoli e inconsapevoli». Se qualcuno non avesse capito bene che cos’è il «cammino sinodale» della Chiesa italiana, perché ora si sta sviluppando «dal basso», ed è evento cruciale per le comunità cristiane ma non riguarda solo queste, troverà – forse – nelle parole del cardinale un po’ di luce.

Abbiamo bisogno di questa luce gentile e profonda, di questa misura spirituale e umana, mentre sembra trionfare la dismisura violenta e assassina della guerra che fa a pezzi incessantemente il mondo e ora, di nuovo – sotto i nostri occhi, senza che possiamo distogliere lo sguardo – anche la terra d’Europa.

Abbiamo bisogno di questa luce gentile e tenace mentre gli artigli del Covid continuano mietere vite al ritmo di cento al giorno in Italia (e moltissime di più agli altri capi di un pianeta ancora colpevolmente diseguale) persino ora che nel nostro emisfero torna a trionfare la bella stagione.

Il neopresidente della Cei parla di «due pandemie», guerra e Covid, e dice – all’unisono con papa Francesco e col suo predecessore, il cardinale Gualtiero Bassetti – che sono colme entrambe di sofferenze e di «insensatezze». Solo la luminosa generosità delle persone di pace e di solidarietà, che si annida anche nelle notti più nere, ci aiuta a resistere al fascino perverso della guerra come atroce continuazione della politica e all’illusione di salvarsi da soli.

Don Matteo, il cardinal Zuppi, crede e sa che questa luce gentile forte è luce di Cristo. E tutti noi, «compagni di strada consapevoli o inconsapevoli», possiamo renderci conto che annuncia l’alba e fa vedere il cammino.

Marco Tarquinio
(Avvenire, mercoledì 25 maggio 2022)