Messaggio arcivescovo per festa oratorio

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Ci vorrebbe un posto. Per sostare ci vorrebbe un posto dove fermarsi e fermare anche il pensiero, la fantasia, l’inquietudine che ribolle dentro, l’impazienza, la tristezza che rende infelici. Ci vorrebbe un posto dove sedersi, mettersi in ginocchio, vedere che anche gli altri si fermano e si mettono in ginocchio. Ci vorrebbe un posto dove ci sia un po’ di silenzio e niente da fare, per qualche minuto. Ci vorrebbe, che so, una cappellina, per esempio.

Ci vorrebbe uno sguardo. Sì, per lo più ci vediamo bene. Ma dove guardiamo? Indietro non c’è niente. Intorno c’è troppo. Davanti forse un’angoscia, una paura. Ci vorrebbe uno sguardo per incrociare uno sguardo amico, benevolo, rassicurante. Tenere fisso lo sguardo su Gesù. Volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto. Guardare a Gesù e sentire che Gesù mi guarda. Forse come ha guardato Zaccheo sull’albero. Forse come ha guardato Pietro che piangeva. Forse come ha guardato il cieco che gridava. Stare un po’ di tempo a guardare un volto di Gesù. Ci vorrebbe, che so, un crocifisso, per esempio o una immagine del suo volto benedetto.

Ci vorrebbe una parola. Basta qualche secondo e il silenzio diventa una noia. Sei lì con tutta la buona volontà, ma subito sei altrove con la fantasia, il ronzio di un cellulare, un piede che fa male. Ci vorrebbe una parola da dire, che non sia troppo difficile, che non sia troppo banale. Una parola per dire qualche cosa di me. Una parola per chiedere qualche cosa per me o per la gente che amo. Ci vorrebbe una parola, che so, “Signore Gesù, figlio del Dio vivente, abbi pietà di me, peccatore” e la costanza di ripeterla una volta e dieci volte e cento volte, provando a fissare il pensiero su ogni singola parola. Ci vorrebbe una parola, che so, quella che Gesù ha insegnato: “Padre nostro …”

Ci vorrebbe un tempo. Quante volte mi sono proposto di dire le preghiere ogni sera e ogni mattina! Non c’è mai tempo. C’è sempre altro che mi prende, mi mette fretta. Non potreste aiutarmi, voi, amici miei. Se c’è un’ora in cui ci diamo appuntamento, io non mancherò. Se voi mi chiamate, io risponderò. Se nella programmazione ci mettiamo un tempo di preghiera, ce la faremo. Non è che non ho voglia di pregare. Non è che non ne sento il bisogno. È che proprio il tempo scappa via e non riesco a tenerlo in mano, come l’acqua. Ma se ci aiutiamo, ce la faremo. Ci vorrebbe un tempo, che so, un appuntamento. (…)

Ci vorrebbe un calendario.

I santi nostri amici e Maria, la Madre di Gesù e Madre nostra sono uomini e donne in carne e ossa, hanno vissuto storie complicate e tribolate, liete e affascinanti. Possono insegnare a pregare. Vale la pena di fissare quando ricorrono nel calendario della Chiesa e quel giorno domandare a loro: come hai fatto a sostare con Gesù? Chiedetelo, per esempio, a Maria, la Madre di Gesù e Madre nostra, a Giovanni Bosco, Domenico Savio, Filippo Neri, Carlo Acutis, Charles de Foucauld, Luigi Gonzaga, Agnese, Rita, Madre Teresa, Teresa di Lisieux, Piergiorgio Frassati… Ci vorrebbe un calendario, che so, una parete dell’oratorio con foto e preghiere e date dei santi nostri amici.

Propongo che l’oratorio diventi un ritrovarsi per sostare con Gesù, oltre che per tutte le altre cose. Chi sa stare con Gesù impara a pregare come lui, ad amare come lui, a vedere il mondo con i suoi occhi.

 + Mario DELPINI
Arcivescovo di Milano