È sempre un uomo

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Se l’anziano è capace di dialogare, riesce a cambiare il suo rapporto con i giovani, oppure continua a tenere un rapporto, certamente meno intenso, che già esisteva prima. Questo gli permette di superare sia l’astio nei riguardi della vita che gli scivola di mano, sia l’invidia per coloro che l’hanno ancora piena.

Soprattutto impara a riconoscere il valore dell’esistenza giovanile, per arrivare anche ad amare i giovani e cercare di aiutarli, nel modo e nella misura confacente alla propria disponibilità.

È ovvio che deve essere esclusa anche la più piccola volontà di dominio e invece favorita una solidarietà nella causa della vita stessa ed il desiderio che questa vita, tanto minacciata e convulsa, diventi una vita che si sviluppa nel modo giusto.

E i giovani, scrive Romano Guardini, avvertono ciò, e, a loro volta, imparano ad accettare l’anzianità in colui che è diventato anziano. Essi notano che l’anzianità è una forma di vita autentica, anche se non riescono a comprendere veramente questa forma.

Essi acquistano fiducia e in forza di questa accolgono nella loro esistenza un elemento che essi non sarebbero riusciti a trovare da soli.

Una grande cosa la solidarietà delle diverse forme di vita nella volontà che la vita diventi completa e giusta!

L’anziano è sempre un uomo.

Di fronte all’anziano l’atteggiamento giusto da tenere per tutti, a mio parere, è il seguente:

Non dire: “tanto è un vecchio”,
ma piuttosto: “proprio perchè è vecchio”;
e le parole si caricano di speranza:
attesa per chi le sente,
impegno per chi le dice.

Parole sacrosante! L’anziano attende soprattutto da parte dei giovani questo riconoscimento e il giovane che riconosce che anche l’anzianità è vita, si impegna a rispettarlo e a favorire la sua solidarietà.

Così la vita sia del giovane come quella dell’anziano si carica di speranza.
(A cura di Monsignor Bruno Magnani)