Riflessioni sull'educazione dei figli

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Educhiamo i figli

(Mons. Angelo Comastri)

Il primo luogo di educazione è la famiglia. Nel capitolo secondo del Vangelo di san Luca, per ben due volte l’evangelista annota una osservazione molto importante: “Gesù cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di Lui” (Lc. 2,40); “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini” (Lc. 2,52). Perché l’evangelista ha sottolineato questo particolare che, a prima vista, sembrerebbe ovvio e insignificante? No, no! Non è ovvio e tantomeno insignificante, ma è importantissimo! Il Figlio di Dio infatti, facendosi uomo, ha fatto sua anche la fase delicata e decisiva della crescita e della educazione della personalità, per ricordarci che l’educazione dei figli è una missione fondamentale, affidata ai genitori e alla comunità e alla società intera: sottrarsi alla missione di educare significa tradire la paternità e la maternità!

Il 21 ottobre 2001 ebbi la gioia di assistere, nella Basilica di S. Pietro, alla beatificazione di una coppia di sposi: Luigi e Maria Beltrame-Quattrocchi . Ebbi l’occasione di incontrare anche i tre figli, che avevano negli occhi la felicità di bambini… novantenni. Don Tarcisio, figlio sacerdote dei genitori “beati”, mi confidò : “I nostri genitori parlavano… vivendo! Guardandoli, noi figli abbiamo imparato a vivere, perché abbiamo scoperto cos’è che dà senso e bellezza alla vita. La mamma spesso ci diceva: “Per avere una famiglia felice non contano le cose che si hanno, non contano le case che si possiedono, ma contano le persone (le persone!) che formano la famiglia” . Infatti è la qualità spirituale delle persone, che determina la qualità della famiglia! Pertanto il primo dono per i figli… sono i genitori: se questo dono è squallido, è squallida la famiglia; anche se vive in una reggia e viaggia in una macchina di lusso.

Allora poniamoci subito una domanda decisiva: che cosa significa educare? Prendo da Fëdor Dostoevskij una bella e densa definizione dell’educazione. Eccola: “Educare significa dare ai figli buoni ricordi, i quali, al momento opportuno, si accenderanno come lampade e illumineranno il loro cammino” . Personalmente, più volte ho fatto esperienza della verità di queste parole: in particolari momenti della mia vita ho ricordato l’esempio bello dei miei genitori; sono ritornato spiritualmente bambino e ho respirato l’aria serena che abitava nella mia povera casa; ho rivisto gli occhi luminosi della mia mamma e mi è affiorata alla mente una parola o una massima con cui ella spesso commentava gli avvenimenti della vita.

Quante volte, sul far della sera, mi diceva quando ero bambino: “Preghiamo la Madonna, perché la preghiera dà il condimento alla vita!” . Come posso dimenticare queste parole… anche a distanza di anni e anni! E per stimolarmi a correggere, fin da piccolo, qualche difetto di carattere, la mamma spesso mi diceva: “Ricordati, figlio mio, che la torre di Pisa pende dalla base” . Oppure, in momenti difficili della famiglia, consigliava sapientemente: “Teniamo la mano del Signore: Lui conosce la strada giusta!” . Oppure, per insegnarci la pazienza e la fiducia, diceva: “Dio non paga tutti il sabato sera, però la domenica mattina non avanza più niente… nessuno!” . Oppure, mettendomi la mano nella giacca per verificare se portavo con me la Corona, mi diceva: “Senza la Corona è come avere una giacca senza bottoni!” . Oppure, in momenti inevitabili di incomprensione o di ingratitudine, mi sussurrava: “Aspetta, figlio mio, aspetta! Il Signore sembra che arrivi sempre con un quarto d’ora di ritardo… però è puntuale con il Suo orologio!” ; oppure: “A me interessa che tu sia buono più che tu sia bravo!” ; oppure: “La bontà è già un premio: i cattivi non hanno futuro!” . E potrei continuare per pagine e pagine! Mi limito ad un’ultima affermazione, colta sulle labbra della mia mamma e custodita gelosamente nel mio cuore: “Se vuoi che una cosa cattiva non si sappia, non farla!”.

Oggi, quanti figli possono raccontare le stesse esperienze? Oggi, quanti genitori seminano buoni ricordi di fede e di sapienza nella vita dei figli? Oggi, quante mamme pregano per la conversione spirituale dei propri figli, come Santa Monica fece per il figlio Agostino?

Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII, in occasione di un suo compleanno scrisse ai propri genitori e si espresse così: “Cari babbo e mamma, oggi il mio pensiero corre spontaneamente a voi: compio gli anni… e desidero dirvi un grande grazie! Sapete perché? Perché voi, con la vostra vita, mi avete insegnato le cose fondamentali dell’esistenza. Tutto quello che ho imparato nei miei lunghi anni di studio è stato soltanto un povero commento di quello che mi avete insegnato voi negli anni belli vissuti a Sotto il Monte. Oggi vi dico e sempre vi dirò: grazie!” . Potesse moltiplicarsi questo grazie anche nei figli di oggi nei confronti dei loro genitori!

Recentemente, con un bel gruppo di pellegrini di Loreto, sono stato a Sotto il Monte per portare un fiore freschissimo di gratitudine a S. E. Mons. Loris Francesco Capovilla, indimenticabile pastore della città mariana. E, a Sotto il Monte, ho respirato il clima luminoso della famiglia e del vecchio villaggio di Papa Giovanni XXIII. Visitando la cascina dove egli visse gli anni della fanciullezza (anni decisivi per tutti, ricordatevelo!) e sostando in preghiera nella povera stanza dove egli nacque nel lontano 1881, notai, appoggiate alla parte, due spalliere di un letto… vecchia maniera. Spontaneamente ho domandato al missionario del PIME, che mi accompagnava: “Padre, è questo il letto dei genitori di Papa Giovanni?” . Il missionario, sorridendo, mi ha risposto: “No, questo è il letto degli ultimi anni! Quando nacque Papa Giovanni XXIII i genitori dormivano in un pagliericcio fatto di foglie di granoturco… per terra! Papa Giovanni è nato lì!” . Dopo aver ascoltato queste parole, per un momento ho chiuso gli occhi e mi è sembrato di sentire la voce di Papa Giovanni che mi sussurrava all’orecchio: “Non avevamo niente, ma eravamo felici! Non avevamo niente, però se passava un povero, c’era sempre un posto per lui alla nostra tavola! Non avevamo niente, però il canto non mancava mai nella nostra casa! Non avevamo niente, però avevamo tutto: c’era Dio nella nostra casa!”.

E oggi? E nelle nostre case? Cos’è che ci manca e… non vogliamo ammetterlo… e non vogliamo cercarlo? A Sotto il Monte, uscendo dalla casa di Papa Giovanni, S. E. Mons. Loris Francesco Capovilla mi ha confidato: “Al mattino, la prima voce che si sentiva nella casa del futuro Pontefice era la voce della mamma, che intonava la preghiera dell’Angelus. E poi tutti a colazione… e poi ognuno al suo lavoro. E la sera, il piccolo Angelino Roncalli andava a dormire in una vecchia panca addossata alla parete, nella stanza dell’anziano zio Saverio. Angelino si addormentava guardando la barba dello zio, che si muoveva mentre dalle sue labbra usciva il racconto di episodi del Vangelo o della vita dei Santi” . Chi era più felice di questo bambino? Vi meravigliate, poi, se da una famiglia così, sia uscito un uomo equilibrato, altruista, buono e credente… come Papa Giovanni XXIII? No, non mi meraviglio: perché da che mondo è mondo, se si semina grano, si raccoglie grano; e, se si semina ortica, si raccoglie ortica.

Padre David Maria Turoldo, ammiratore e cantore di Papa Giovanni XXIII, più volte ha ricordato con nostalgia i tempi della famiglia del “Papa Buono”. Pensando a Padre Turoldo, mi escono dal cuore queste riflessioni:

“Un tempo non avevamo niente,ma cantavamo!Un tempo c’era soltanto un po’ di zuppa la sera…con scodelle sbeccate,ma cantavamo!Un tempo non c’era la televisione,ma ci guardavamo negli occhie ci parlavamo di tutto,e cantavamo!Un tempo tutti eravamo poveri,ma tenevamo sempre la chiavesulla porta di casa,e ci salutavamo per stradae cantavamo!Un tempo se c’era una gioia,si condivideva;se c’era un dolore,si partecipava;se nasceva un bimbo,si benediceva;se moriva un vecchio,si piangeva e si pregava;se c’era un ammalato,si abbracciava con tenerezzae si curava con il cuoreprima che con le medicine;un tempo non mancava mai il cantonelle nostre case disadorne,perché il cuore era pieno di Dio!Non voglio tornare indietro nel tempo,ma voglio che la vita di un tempofaccia un passo in avantiverso di noi, verso le nostre case”.

Non è legittimo sognare queste cose? Mi azzardo a dire di più: è possibile che il sogno diventi realtà… basta volerlo!