Notizie dal gruppo missionario n. 72

324

Da AsiaNews, 07/03/2011
INDIA
Corte suprema dell’India: no all’eutanasia. Un verdetto storico

di Nirmala Carvalho
I giudici hanno respinto una petizione per eutanasia attiva nei confronti di un’infermiera paralizzata dal 1973 avanzata da uno scrittore. I medici affermano: “accetta il cibo in maniera normale e risponde con espressioni del viso”, e reagisce “in maniera intermittente ai comandi, esprimendo suoni”. Il verdetto accolto con gioia nell’ospedale: “Ci è stato fatto un regalo per la Giornata della donna”.

Mumbai – La Corte suprema ha respinto il 7 marzo la richiesta di eutanasia per Aruna Shanbaug, avanzata dallo scrittore Pinki Virani. La corte ha osservato che “l’eutanasia passiva è ammissibile, sotto la supervisione della legge, in circostanze eccezionali, ma che l’eutanasia attiva non è accettabile”.

I giudici hanno sottolineato che c’è la necessità di legiferare in tema di eutanasia, ma che fino a quando non vi sarà una nuova legge resterà in vigore il giudizio della Corte suprema. Aruna Ramachandra Shanbaug, infermiera del King Edward Memorial Hospital (Kem) fu aggredita e violentata il 27 novembre 1973 da Sohanlal Bhartha Walmiki, uno spazzino dell’ospedale, che cercò anche di strangolarla.

L’uomo fu condannato a sette anni di prigione.

Aruna soffrì di severi danni al cervello, e restò quasi completamente paralizzata.

Pinki Virani in un suo libro sostiene che è “praticamente morta”, e quindi sarebbe giusto sospenderle nutrimento e idratazione. Le autorità dell’ospedale hanno dichiarato alla Corte che la donna “accetta il cibo in maniera normale e risponde con espressioni del viso”, e reagisce “in maniera intermittente ai comandi, esprimendo suoni”.

Il dott. Sanjay Oak, portavoce dell’ospedale, ha accolto con soddisfazione il verdetto.

Sono grato alla suprema Corte. Continueremo a occuparci in maniera speciale di Aruna”. (…)

In un rapporto di quattro pagine lo staff del Kem  (i dottori JV Divatia, Roop Gurshani e Nilesh Shah, nella foto) ha dichiarato ai giudici: “A ogni nuova infornata di allievi infermieri, le infermiere sono condotte a vedere Aruna; viene detto loro che Aruna è una di noi e che continua a stare con noi…una bimba di cui hanno avuto cura e assistito con amore per 37 anni. La sola idea di privarla di cibo, o di addormentarla con un farmaco in maniera attiva è molto difficile da accettare per chiunque qui in ospedale. Aruna ha probabilmente passato i 60 anni, e un giorno giungerà alla sua fine naturale. I dottori, le infermiere e tutto lo staff del Kem sono decisi a prendersi cura di lei fino all’ultimo respiro”.

Anche il dott. Pascoal Carvalho, membro della Commissione diocesana sulla vita umana dell’arcidiocesi di Mumbai si è espresso favorevolmente verso il verdetto.

Accogliamo con favore il rigetto della petizione di eutanasia per Aruna Shanbaug. I nostri giudici hanno sentenziato in favore di una cultura della vita. L’India è radicata nella spiritualità in cui ogni vita viene considerata sacra. Solo Dio è padrone della vita umana, e nessuno ha il diritto di padronanza sulla vita. L’eutanasia, l’uccisione cosiddetta per pietà e il suicidio assistito sono sempre immorali e non devono essere accettati legalmente. Dire che l’eutanasia è una cosa buona è un’offesa alla dignità della persona umana”.

Nell’ospedale, fra gli altri commenti, abbiamo registrato questo: “Ci è stato fatto un regalo per la Giornata della donna. Aruna è parte della nostra famiglia, continueremo a occuparci di lei con amore”.

Anno II, n. 43

Scarica il PDF