1 maggio 2011: LA BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II

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Preso per mano dal Signore”

II profeta Isaia presenta la figura del “Servo di Dio”, che è allo stesso tempo il suo eletto, nel quale egli si compiace. Il Servo agirà con fermezza incrollabile, con un’energia che non viene meno fino a che egli non abbia realizzato il compito che gli è stato assegnato.

Eppure non avrà a sua disposizione quei mezzi umani che sembrano indispensabili all’attuazione di un piano così grandioso.

Egli si presenterà con la forza della convinzione, e sarà lo Spirito che Dio ha posto in lui a dargli la capacità di agire con mitezza e con forza, assicurandogli il successo finale.

Ciò che il profeta ispirato dice del Servo, lo possiamo applicare all’amato Giovanni Paolo II: il Signore lo ha chiamato al suo servizio e, nell’affidargli compiti di sempre maggiore responsabilità, lo ha anche accompagnato con la sua grazia e con la sua continua assistenza.

Du­rante il suo lungo Pontificato, egli si è prodigato nel proclamare il di­ritto con fermezza, senza debolezze o tentennamenti, soprattutto quando doveva misurarsi con resistenze, ostilità e rifiuti. Sapeva di es­sere stato preso per mano dal Signore, e questo gli ha consentito di eser­citare un ministero molto fecondo, per il quale, ancora una volta, ren­diamo fervide grazie a Dio.

Tutta la vita del Venerabile Giovanni Paolo II si è svolta nel se­gno di questa carità, della capacità di donarsi in modo generoso, sen­za riserve, senza misura, senza calcolo. Ciò che lo muoveva era l’amo­re verso Cristo, a cui aveva consacrato la vita, un amore sovrabbondante e incondizionato. E proprio perché si è avvicinato sempre più a Dio nel­l’amore, egli ha potuto farsi compagno di viaggio per l’uomo di oggi, spargendo nel mondo il profumo dell’Amore di   Dio.

Chi ha avuto la gio­ia di conoscerlo e frequentarlo, ha potuto toccare con mano quanto viva fosse in lui la certezza «di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi»; certezza che lo ha accompagnato nel corso della sua esistenza e che, in modo particolare, si è manifestata durante l’ultimo periodo del suo pellegrinaggio su questa terra. La progressiva debolez­za fisica, infatti, non ha mai intaccato la sua fede rocciosa, la sua luminosa speranza, la sua fervente carità.

Si è lasciato consumare per Cristo, per la Chiesa, per il mondo intero: la sua è stata una sofferenza vissuta fino all’ultimo per amore e con amore.

Nell’omelia per il XXV anniversario del suo Pontificato, egli confi­dò di avere sentito forte nel suo cuore, al momento dell’elezione, la do­manda di Gesù a Pietro:

«Mi ami tu? Mi ami più di costoro?» ( Gv 21,15-16); e aggiunse: «Ogni giorno si svolge all’interno del mio cuore lo stes­so dialogo tra Gesù e Pietro.

Nello spirito, fisso lo sguardo benevolo di Cristo risorto. Egli, pur consapevole della mia umana fragilità, mi in­coraggia a rispondere con fiducia come Pietro: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo” (Gv 21,17). E poi mi invita ad assumere le responsabi­lità che Lui stesso mi ha affidato».

Sono parole cariche di fede e di amore, l’amore di Dio, che tutto vince!

(Benedetto XVI)