“Preso per mano dal Signore”
II profeta Isaia presenta la figura del “Servo di Dio”, che è allo stesso tempo il suo eletto, nel quale egli si compiace. Il Servo agirà con fermezza incrollabile, con un’energia che non viene meno fino a che egli non abbia realizzato il compito che gli è stato assegnato.
Eppure non avrà a sua disposizione quei mezzi umani che sembrano indispensabili all’attuazione di un piano così grandioso.
Egli si presenterà con la forza della convinzione, e sarà lo Spirito che Dio ha posto in lui a dargli la capacità di agire con mitezza e con forza, assicurandogli il successo finale.
Ciò che il profeta ispirato dice del Servo, lo possiamo applicare all’amato Giovanni Paolo II: il Signore lo ha chiamato al suo servizio e, nell’affidargli compiti di sempre maggiore responsabilità, lo ha anche accompagnato con la sua grazia e con la sua continua assistenza.
Durante il suo lungo Pontificato, egli si è prodigato nel proclamare il diritto con fermezza, senza debolezze o tentennamenti, soprattutto quando doveva misurarsi con resistenze, ostilità e rifiuti. Sapeva di essere stato preso per mano dal Signore, e questo gli ha consentito di esercitare un ministero molto fecondo, per il quale, ancora una volta, rendiamo fervide grazie a Dio.
Tutta la vita del Venerabile Giovanni Paolo II si è svolta nel segno di questa carità, della capacità di donarsi in modo generoso, senza riserve, senza misura, senza calcolo. Ciò che lo muoveva era l’amore verso Cristo, a cui aveva consacrato la vita, un amore sovrabbondante e incondizionato. E proprio perché si è avvicinato sempre più a Dio nell’amore, egli ha potuto farsi compagno di viaggio per l’uomo di oggi, spargendo nel mondo il profumo dell’Amore di Dio.
Chi ha avuto la gioia di conoscerlo e frequentarlo, ha potuto toccare con mano quanto viva fosse in lui la certezza «di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi»; certezza che lo ha accompagnato nel corso della sua esistenza e che, in modo particolare, si è manifestata durante l’ultimo periodo del suo pellegrinaggio su questa terra. La progressiva debolezza fisica, infatti, non ha mai intaccato la sua fede rocciosa, la sua luminosa speranza, la sua fervente carità.
Si è lasciato consumare per Cristo, per la Chiesa, per il mondo intero: la sua è stata una sofferenza vissuta fino all’ultimo per amore e con amore.
Nell’omelia per il XXV anniversario del suo Pontificato, egli confidò di avere sentito forte nel suo cuore, al momento dell’elezione, la domanda di Gesù a Pietro:
«Mi ami tu? Mi ami più di costoro?» ( Gv 21,15-16); e aggiunse: «Ogni giorno si svolge all’interno del mio cuore lo stesso dialogo tra Gesù e Pietro.
Nello spirito, fisso lo sguardo benevolo di Cristo risorto. Egli, pur consapevole della mia umana fragilità, mi incoraggia a rispondere con fiducia come Pietro: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo” (Gv 21,17). E poi mi invita ad assumere le responsabilità che Lui stesso mi ha affidato».
Sono parole cariche di fede e di amore, l’amore di Dio, che tutto vince!
(Benedetto XVI)