“Un Curato e una Canonica” (6° puntata)

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Venendo a conoscenza di questi fatti e di quanto aveva fatto il curato per sedare le provocazioni e dimostrandosi non soddisfatto e stanco del cattivo comportamento tenuto da quelli dì Cassina d’ Pecchi e comprendendo le disavventure del povero curato, il duca gli fece sapere che aveva ripensato di rimettere la parrocchia a Camporicco. L’Oggioni rimase amareggiato e infastidito per una situazione così complicata e provocata da segreti maneggi, che quei di Camporicco facevano per frastornare e impedire la traslocazione e le prevaricazioni che facilmente insorgevano tra i due popoli.

Revocato il progetto della perpetua traslocazione e credendo il signor duca che rincresceva al curato di dover ritornare a Camporicco, passando dalla Cassina de’ Pecchi, lo prese su in carrozza e lo condusse a Camporicco, spiegandogli i motivi del suo cambiamento.

Siccome lui stesso aveva promosso la traslocazìone a Cassina de’ Pecchi, ma ora, essendo cambiate le circostanze, aveva pensato di migliorare la situazione di Camporicco, fabbricando una casa parrocchiale ed esporta ai quattro venti.

Subito fece gettare a terra tutte le piante che ingombravano, ordinò il rettifilo della strada e della roggia, fece purgare tutti i pantani, levò la marcita, disegnò con soddisfazione la casa e di seguito il campanile, l’allargamento della chiesa. alla quale donò subito le quattro colonne di sasso, la quadratura della piazza, con le case e botteghe all’ingresso.

Ma sopraggiunta la circostanza della Guerra della Repubblica Cisalpina e la morte del conte (1802) molte cose sono rimaste incompiute, anche se l’intenzione di far eseguire tutto il disegno, il conte l’aveva ancora confermato al curato appena ritornato da Parigi nel 1800.

Però al parroco rimase sempre nella mente e nel cuore l’incognita e il dubbio come mai il duca abbia dimenticato Camporicco nel suo testamento.

Prima di iniziare i lavori della casa parrocchiale, bisognava demolire le casette che il curato don Giuseppe Caccia (morto il 16 dicembre 1672 e sepolto davanti alla cappella di Maria Vergine, essendo stato parroco per 26 anni), aveva fatto costruire sul terreno parrocchiale con l’obbligo di celebrare tante messe con il ricavato.

Atterrate le casette, sulla fine del maggio 1795 si diede principio alla fabbrica.

Il duca aveva lasciato la direzione dei lavori al curato, che tanto si diede da fare che in sei mesi terminò i lavori più urgenti, aggiungendo anche lo stallino e il cassinello. Tanto fu l’entusiasmo che lo stesso signor Arcivescovo andò a vedere la casa e, rallegrandosi disse all’Oggioni che sembrava un ‘abitazione piuttosto da Vescovo che da parroco.

Ma il Signore che vuole nessuno contento in questo mondo, permise due disgrazie.

La prima: verso il giorno di San Martino il parroco si ammala e non potendo dirigere personalmente i lavori, nacquero alcune difficoltà per qualche ritardo del pagamento delle giornate da parte del capomastro, ma particolarmente da parte dei falegnami, che per fatal destino
lui stesso ha voluto fossero della Cassina de’ Pecchi e di un fittabile di Camporicco, che si era fissato di non pagare e con la scusa che le giornate erano troppo corte e  fresche per essere vicino il S. Natale, decise di sospendere la fabbrica.

Venne poi la seconda, ma di gran lunga peggiore, e fu l’avvicendamento della guerra, che imbrogliò e distolse a tutti i pensieri di riprendere i lavori della fabbrica e la venuta dei francesi che gettò nella fatal rivoluzione il signor duca che non gli diede più tempo dì pensare ad essa, sebbene di tanto in tanto si ricordasse di Camporicco.

 

(Continua)                

 

A cura di Mons. Bruno Magnani