“Un Curato e una Canonica” (7° puntata)

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In tale stato di cose, vedendo quei di Camporicco che si prolungava il sospirato ritorno della parrocchia in sito (loco) ed essendosi ancora a conto delle £ 4.195 da riscuotere più di £ 3.000, i fittabili, riunitisi, lasciarono decidere al parroco, qualora avessero abilitato una porzione della casa parrocchiale per potervi abitare comodamente ed avessero fatto demolire il campanile sostituendolo con due campanelle sopra due antenne in maniera da potersi sentire dal popolo, se il tutto si fosse ultimato.
Il curato ci pensa e visto che il decreto della curia arcivescovile gli permetteva di fare le funzioni religiose alla Cassina de’ Pecchi, ma a queste condizioni: che fossero contenti quei di Camporicco, che fosse tolto il pericolo del campanile e anche l’affitto di £ 100 che doveva pagare ecc… tutto sommato, l’Oggioni ha creduto dì dover assecondare le richieste dei fittabili di Camporicco.

Sistemati in tal modo i vari problemi e difficoltà, verso la fine del 1796 immediatamente si misero dietro all’adattamento della nuova casa parrocchiale e a Pasqua del 1797 fu terminato.

Quando l’Oggioni ritiene di essere giunto alla fine dei suoi fastidi, è costretto ad ammettere con l’angoscia nel cuore: “…Or sì che siamo giunti nel più buono della tragedia“; perché quelli della Cassina de’ Pecchi erano ingiustamente persuasi che fosse da parte del parroco che ora si effettuasse l’intera translocazione, essendosi lasciato persuadere da quelli dì Camporicco e appena videro a dar mano alla fabbrica (restauro), subito fecero sentire un sordo mormorio, e prevedendo presto il ritorno della parrocchia a Camporicco, non mancarono di fare tutto il possibile per impedirla; ma furono sempre infelici nei loro attacchi contro Camporicco, non tanto per debolezza di ragione, quanto di fatto dì non saper farsela valere nei modi e a tempo opportuno.

Infatti, scrive l’Oggioni, che pochi erano quelli (li chiama “briganti”) che si opponevano e agivano in nome del popolo, anche se il popolo non voleva avere alcuna parte nelle loro pretese. Ma le loro pretese andarono oltre misura, tanto che dovette intervenire l’Amministrazione generale della Lombardia all’atto della translocazione delle suppellettili parrocchiali a Camporicco, per timore di sollevazione che costoro minacciavano di fare.

Si pensava anche che per tener quieto quel popolo bastasse la sola persona del consigliere Villata, che fu invitato dall’Amministrazione stessa a portarsi sul posto.

Quando però lo si vide comparire con il commissario di polizia Bossi e con quattro sbirri, i servitori del detto consigliere, presto corsero qua e là a spargere timori e minacce di prigionia, di arresti ed anche dì morte a chi avesse fatto il minimo attentato; ciò è bastato per far fuggire i colpevoli e per tenere tutto il popolo sorpreso e sbigottito. Non fu possibile però levare dalla testa dei colpevoli che tutto ciò fosse stato procurato a bella posta (a ragion veduta) dal parroco e da quelli di Camporicco, per pubblicamente atterrire ed infamare la comunità di Cassina de’ Pecchi; ma questa non era l’intenzione né del parroco né di quelli di Camporicco.

Il popolo merita tutto il compatimento, ma non so poi, dice l’Oggioni, come compatire il signor consigliere, che però d’allora in poi cominciò a trattare il parroco con qualche riguardo e a non vantare vari pretesi diritti sull’oratorio (chiesa) a pregiudizio del parroco, della chiesa e del popolo di Cassina de’ Pecchi.

(Continua)

A cura di Mons. Bruno Magnani