23 febbraio: “Domenica della divina clemenza”

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Contemplare la misericordia di Dio, il Padre

Testo proveniente dalla pagina del sito Radio Vaticana 

Il brano evangelico di Giovanni (Gv 8, 1-11) che narra l’incontro tra Gesù e una donna sorpresa in adulterio ci fornisce un’icona straordinaria della giustizia e della misericordia di Gesù di fronte a chi ha peccato.

«Mosè ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?»

Tu che predichi il perdono di Dio, la remissione dei peccati, che dici di essere venuto a cercare i peccatori e non i giusti, da  che parte ti schieri in questo caso?

Hanno portato a Gesù una donna non perché sia salvata, ma perché sia condannata. Per i suoi accusatori essa non ha solo commesso il peccato di adulterio, è un’adultera, è tutta intera definita dal suo peccato.

«Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei».

Solo Gesù, lui che era senza peccato, poteva scagliare una pietra, ma non lo fa. La sua parola-domanda, che conferma la sua prassi di misericordia, appare efficace, va al cuore dei suoi accusatori i quali, «udito ciò, se ne vanno uno per uno».

Solo Dio potrebbe condannare quella donna e solo Gesù è autorizzato a fare un’azione che narri l’agire di Dio. Ebbene, qui Gesù rende Dio “Vangelo”, buona notizia: di fronte al peccatore, alla peccatrice, Dio ha un solo sentimento, non la condanna, non il castigo, ma il desiderio che si converta e viva! 

«Donna, va’ e d’ora in poi non peccare più».

Le restituisce la sua piena dignità, la fa risaltare per quella che è: non un’adultera, non una peccatrice, ma una donna.

Quelle di Gesù sono parole assolutamente gratuite e unilaterali. Il testo infatti non ci dice che la donna era pentita ma rivela che, quando è avvenuto l’incontro tra la santità di Gesù e il peccato di questa donna, allora – come scriveva s. Agostino – «rimasero solo loro due, la misera e la misericordia».

Ecco la gratuità di quella assoluzione: Gesù non condanna, perché Dio non condanna, ma con questo suo atto di misericordia offre a quella donna la possibilità di cambiare.

Non ci viene detto che essa cambiò vita, che si convertì, che andò a fare penitenza né che diventò discepola di Gesù e si mise a seguirlo.

Sappiamo solo che, affinché cambiasse vita e tornasse a vivere, Dio, che non vuole la morte del peccatore, l’ha perdonata attraverso Gesù e l’ha inviata verso la libertà: «Va’, e non peccare più». Gesù è venuto non per giudicare ma per salvare il mondo.

La contemplazione dell’incontro di Gesù con questa donna ci fa conoscere la misericordia di Dio, le sue viscere di compassione, la sua passione d’amore per noi uomini e donne, che gli impedisce di condannare ma lo obbliga, per così dire, a offrire gratuitamente il suo perdono in vista della nostra possibile conversione.

Gesù fa giustizia perdonando.

Ogni volta che Gesù ha incontrato un peccatore lo ha assolto dai suoi peccati e non ha mai praticato una giustizia punitiva. Ha esortato con forza, ha pronunciato i «Guai !» in vista del giudizio, ma non ha mai castigato nessuno: egli infatti sapeva distinguere tra la condanna del peccato e la misericordia verso il peccatore, distinzione che a noi riesce difficile!

Sempre sono l’una di fronte all’altra: la misericordia

inesauribile di Dio e la nostra miseria.

L’unica cosa che ci è chiesta è di riconoscere consapevolmente la nostra miseria e di accettare che il Signore la ricopra con la sua misericordia: aderendo con tutto il nostro essere a tale misericordia, potremo a nostra volta diventare capaci di compassione verso tutti i nostri fratelli e sorelle, amandoli – come scrive l’Apostolo Paolo – «con le viscere di misericordia di Cristo Gesù» (Fil 1,8).

(Enzo Bianchi)