Domenica 8 giugno: PENTECOSTE I 7 doni dello Spirito

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La Risurrezione ha realizzato in pienezza il disegno salvifico del Redentore, l’effusione illimitata dell’amore divino sugli uomini. Spetta ora allo Spirito coinvolgere i singoli in tale disegno d’amore. Per questo c’è una stretta connessione tra la missione di Cristo e il dono dello Spirito Santo promesso agli apostoli poco prima della Passione, come frutto del sacrificio della Croce: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perchè rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità. Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” .

Già sulla croce Cristo morente “emise lo Spirito” come primizia della redenzione. La Pasqua può ben dirsi la prima Pentecoste in attesa della sua effusione pubblica e solenne dopo cinquanta giorni sulla comunità primitiva raccolta nel Cenacolo.

LA SAPIENZA Il primo e più alto dei doni dello Spirito è la Sapienza: una luce che si riceve dall’Alto, una speciale partecipazione alla conoscenza misteriosa che è propria di Dio. “Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza” (Sap 7,7).

Questa sapienza superiore è la radice di una conoscenza nuova, permeata di carità, grazie alla quale l’anima acquista dimistichezza con le cose divine.

San Tommaso parla di un certo sapore di Dio, per cui il vero sapiente non è semplicemente colui che sa le cose di Dio, ma colui che le sperimenta e le vive. La sapienza dona una speciale capacità di giudicare le cose umane secondo la visione di Dio, nella luce di Dio. Illuminato da questo dono, il cristiano sa vedere dentro le realtà del mondo: nessuno meglio di lui è in grado di apprezzare i valori autentici della creazione guardandoli con gli occhi stessi di Dio. Grazie a questo dono tutta la vita del cristiano, con le sue vicende, le sue aspirazioni, i suoi progetti, viene ad essere raggiunta dal soffio dello Spirito che la permea con la sua luce.

L’INTELLETTO La parola intelletto deriva dal latino intus legere, che significa leggere dentro, comprendere a fondo. Mediante questo dono lo Spirito Santo, che “scruta la profondità di Dio” (1Cor 2,10), comunica al cristiano una scintilla di una tale capacità penetrativa, aprendogli il cuore alla gioiosa percezione del disegno amoroso di Dio. Questa intelligenza è data non solo al singolo ma anche alla comunità: ai Pastori che, come successori degli apostoli, sono eredi della specifica promessa loro fatta da Cristo, e ai fedeli i quali, grazie all’unzione dello Spirito, posseggono uno speciale senso della fede che li guida nelle scelte concrete. La luce dello Spirito, infatti, mentre acuisce l’intelligenza delle cose divine, rende anche più limpido e penetrante lo sguardo sulle cose umane, sui numerosi segni di Dio inscritti nel creato.

LA SCIENZA Con il dono della scienza ci è dato di conoscere il vero valore delle creature nel loro rapporto col Creatore. L’uomo contemporaneo, in virtù dello sviluppo delle scienze, è particolarmente esposto alla tentazione di dare un’interpretazione naturalistica del mondo. Davanti alla ricchezza delle cose, alla loro complessità, varietà e bellezza, egli corre il rischio di assolutizzarle e quasi divinizzarle fino a farne lo scopo supremo della sua stessa vita, come avviene con le ricchezze, con il piacere, il potere: i principali idoli dinanzi ai quali troppo spesso il mondo si prostra. Per resistere a tale sottile tentazione ecco che lo Spirito Santo soccorre l’uomo con il dono della scienza. Questa lo aiuta a valutare rettamente le cose nella loro essenziale dipendenza dal Creatore. “Grazie ad essa l’uomo non stima le creature più di quello che valgono e non pone in esse ma in Dio il fine della propria vita” (S. Tommaso).

IL CONSIGLIO Il dono del consiglio è dato al cristiano per illuminare la coscienza nelle scelte morali che la vita di ogni giorno gli impone. Il consiglio arricchisce e perfeziona la virtù della prudenza e guida l’anima illuminandola sul da farsi, specialmente quando si tratta di scelte importanti o di un cammino da percorrere fra difficoltà e ostacoli. La coscienza diventa allora come “l’occhio sano” di cui parla il vangelo ed acquista una sorta di nuova pupilla, grazie alla quale le è possibile vedere meglio che cosa fare in una determinata circostanza, fosse anche la più intricata e difficile.

LA FORTEZZA Un altro dono dello Spirito è il dono della fortezza. Nel nostro tempo molti esaltano la forza fisica, giungendo ad approvare anche le manifestazioni estreme della violenza. In realtà l’uomo fa ogni giorno l’esperienza della propria debolezza, nel campo fisico ma anche spirituale e morale, cedendo alle pressioni che su di lui esercita l’ambiente corcostante. Proprio per resistere a queste molteplici spinte è necessaria la virtù della fortezza, una virtù che non scende a compromessi nell’adempimento del proprio dovere.

La paura e l’aggressività sono due forme di carenza di fortezza che spesso si riscontrano, col conseguente ripetersi del rattristante spettacolo di chi è debole e vile con i potenti, spavaldo e prepotente con gli indifesi. Il dono della fortezza dà vigore all’anima nei momenti più drammatici ma anche nelle abituali condizioni di difficoltà: nella lotta per rimanere coerenti con i propri principi; nella sopportazione di offese e di attacchi ingiusti; nella perseveranza coraggiosa sulla strada della verità e dell’onestà.

LA PIETÀ Con il dono della pietà lo Spirito guarisce il nostro cuore da ogni forma di durezza e lo apre alla tenerezza verso Dio e verso i fratelli.

La tenerezza, come atteggiamento sinceramente filiale verso Dio, si esprime nella preghiera. L’esperienza della propria povertà esistenziale, del vuoto che le cose terrene lasciano nell’anima, suscita nell’uomo il bisogno di ricorrere a Dio per ottenere grazia, aiuto, perdono.

Il dono della pietà orienta ed alimenta tale esigenza, arricchendola di sentimenti di profonda fiducia verso Dio, sentito come Padre buono.

La tenerezza, come apertura autenticamente fraterna, si manifesta nella mitezza. Lo Spirito infonde una nuova capacità di amore verso i fratelli, rendendo il cuore del credente in qualche modo partecipe della mitezza stessa del cuore di Cristo. Il dono della pietà estingue nel cuore quei focolai di tensione e di divisione che sono l’amarezza, la collera, l’impazienza, e vi alimenta sentimenti di comprensione, di tolleranza, di perdono.

IL TIMOR DI DIO Di quale timore si tratta? Non certo di quella paura di Dio che spinge a rifugiarsi dal pensare e dal ricordarsi di lui, come da qualcosa o da qualcuno che turba e inquieta. Fu questo il sentimento del servo infedele e malvagio della parabola evangelica che nascose sotto terra il talento ricevuto.

Il timore, dono dello Spirito, è cosa molto più nobile e alta: è il sentimento sincero e trepido che l’uomo prova di fronte alla tremenda maestà di Dio, specialmente quando riflette sulle proprie infedeltà e sul pericolo di essere “trovato scarso” (Dn 5, 27) nel giudizio eterno a cui nessuno può sfuggire. Ciò tuttavia, non significa paura irrazionale, ma senso di responsabilità e di fedeltà alla legge di Dio. Il dono del timore di Dio non esclude la trepidazione che scaturisce dalla consapevolezza delle colpe commesse ma la addolcisce con la fede della misericordia divina e con la certezza della sollecitudine paterna di Dio che vuole l’eterna salvezza di ciascuno.

Con questo dono lo Spirito infonde nell’anima soprattutto il timore filiale, che è sentimento radicato nell’amore verso Dio: l’anima si preoccupa allora di non recare dispiacere a Dio, amato come Padre, di non offenderlo in nulla, di rimanere e di crescere nella carità.

Invochiamo lo Spirito Santo perchè effonda largamente il dono del santo timor di Dio negli uomini del nostro tempo. Invochiamolo per intercessione di Colei che, all’annuncio del messaggio celeste rimase turbata e, pur trepidante per l’inaudita responsabilità che le veniva affidata, seppe pronunciare il fiat della fede, dell’obbedienza e dell’amore.

(Giovanni Paolo II)