18. SPUNTI STORICI ANTICHI E NUOVI PER LA COMUNITÀ PASTORALE “MARIA MADRE DELLA CHIESA”

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La Santa Messa Giubiliare

Terminata la guerra Don Ambrogio continua con instancabile volontà ed amore ad essere “il buon pastore che dà l’anima per le sue pecorelle” e si prepara a celebrare il suo 40° anno di Parrocchia ed il suo 50° anno Ordinazione sacerdotale.

Il Sig. Prevosto di Cernusco sul Naviglio gli scrive: ”Non dimentichiamo i due punti cruciali che ci toccò di vivere. Quello delle due guerre che furono tanto dolorose e deleterie; e l’altro della vita sociale che prese in questi nostri tempi una svolta così brusca e repentina, che non fu dato di vedere in mille anni, quando le generazioni si susseguivano livellate, così impietosa che per noi anziani diventa quasi impossibile di capirla e tenerci dietro e ci viene voglia di dire: basta così! Io mi fermo. Ma no, non fermiamoci fino quando la Provvidenza crederà opportuno toglierci Soci dal nostro posto di responsabilità”.

PIO XII, a Roma nel quartiere San Lorenzo, dopo il bombardamento del 19 luglio 1944
PIO XII, a Roma nel quartiere San Lorenzo, dopo il bombardamento del 19 luglio 1944
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Dolore innocente

 

 

 

 

 

E Don Ambrogio non si fermerà ed il 10 e 11 giugno 1951 celebrerà con grande solennità la sua Messa Giubilare. Conclude il Monsignore: “E al tuo buon popolo si unirà anche quello di Cernusco, per il quale il curato di Camporicco è una istituzione, nessuno che non lo conosca e che non l’abbia in simpatia.

Sopratutti saremo noi colleghi di sacerdozio a renderti onore e gratitudine e impetrazione”.

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Dall’alto del Colle Vaticano il Papa guarda… e sorride, saluta, augura e benedice! Per chi tanto onore? Questa volta è per il nostro Signor Curato di Camporicco, proprio per lui!

“A DON AMBROGIO VERDERIO
PARROCO CAMPORICCO
OCCASIONE NOZZE D’ORO
SACERDOTALI
SANTO PADRE DI CUORE
INVIA AUSPICIO NUOVE
COPIOSE GRAZIE ET AIUTI
CELESTI IMPLORATA
POSTOLICA BENEDIZIONE
ESTENSIBILE PARENTI
PARROCCHIANI ET PRESENTI
SANTA MESSA GIUBILARE

Montini sostituto”

Significativa e commovente la testimonianza dell’amico Commendatore Aldo Varisco di sesto San Giovanni, riguardo l’attività che Don Ambrogio svolse per l’Azione Cattolica.

Da vecchio propagandista di A.C. per la Plaga Martesana, nel cui cuore, si può dire, sta Camporicco, in questa solenne circostanza mi piace ricordare Don Ambrogio come uno dei primi animatori del movimento giovanile di A.C., sia nella Plaga (oggi Decanato) che nella sua Parrocchia.

Egli era il coordinatore di molte attività apostoliche nostre che sapeva comprendere di congressi e manifestazioni giovanili di Plaga, cui dava con entusiasmo il suo assenso ed appoggio.

Questa parte della nostra attività, infatti, si svolse nel suo Asilo di Cassina de’ Pecchi, che egli generosamente e con disinteresse ha sempre posto e tuttora mette a nostra disposizione!

E’ più che giusto e doveroso dunque che non manchi, nel 50° di sua Prima Messa, neppure la voce della nostra A.C., e la nostra d’oggi è una parola viva, sincera e commossa di riconoscenza, affetto, devozione, felicitazioni ed auguri. Che lo rimeriti Iddio come Lui sa” (Aldo Varisco – Sesto S.G.).

angeloDon Ambrogio era veramente il buon pastore con l’odore delle pecore, che cercava di diffonderlo con tante e svariate iniziative come questa.

Sul fare dell’autunno di ogni anno egli si recava in Piemonte ad acquistare uva pregiata, che poi faceva trasportare in canonica.

In una sera particolare chiamava nel cortile giovani e ragazzi che, a piedi nudi, entravano nei capaci tini e pigiavano l’uva.

Il vino ottenuto veniva gelosamente custodito nella sua cantina.

Chiunque fosse suo ospite, anche per una breve visita oltre al sorriso e alla buona accoglienza poteva pure gustare un bicchiere di quel buon vinello genuino; egli godeva a vederlo centellinare.

Così pure raccoglieva in canonica i giovani per le “ciliegiate” e le “castagnate”, perchè amava vivere tra i giovani.

E mentre essi si rimpinzavano di frutti, egli a capo tavola, sempre sorridente, con il suo mezzo sigaro toscano scherzava e rideva con loro. Ma quel mezzo sigaro lo consumava più succhiandolo che fumandolo. Era questo l’unico vizietto che si concedeva.

Ogni giorno poi passava per il paese in bicicletta e si fermava nelle famiglie per interessarsi dei loro bisogni.

Dava del “tu” a tutti, magari chiamandoli “Malament”, ma stavolta con tono scherzoso e bonario.

I giorni passano e Don Ambrogio continua la lunga corsa della sua vita, combattendo la sua buona battaglia, sostenuto dall’amore del suo Gesù, fiducioso nella speranza che non delude.

Si sente stanco…quel giorno aveva lavorato fino a tarda sera, quando viene chiamato per assistere un ammalato grave. Non esita a prendere e salire sulla sua bicicletta per compiere il dovere del buon pastore. Ritorna in canonica sfinito.

Don Ambrogio morirà quella stessa notte del 17 aprile 1952, d’infarto, assistito dal Parroco di Sant’Agata, dal dottor Bruognolo e da alcuni parenti.

In quell’istante si sono avverate le parole del caro amico monsignor prevosto di Cernusco: ”…finchè la Provvidenza crederà opportuno toglierci lei dal nostro posto di responsabilità”.

Era “l’ora”. E Don Ambrogio ubbidì.

Nel testamento spirituale Don Ambrogio compì l’ultima proclamazione della sua indefettibile fede cattolica e l’ultimo suo atto di umiltà: ”Chiedo perdono al mio popolo, se mai alle volte ho agito verso di lui con severità e fui pietra di impaccio per il suo bene spirituale e materiale. Intanto lo benedico ora e sempre con la ferma e viva speranza di abbracciarlo al completo in Paradiso”.

Una sua parrocchiana conferma: “Ma ora una parolina gliela vogliamo dire anche noi e sincera. Ed è che le vogliamo bene, anche se certe volte non glielo dimostriamo. Lei lo sa, ne sta sicuro e lo dice a tutti… e ciò ci fa tanto contenti“.

Ultimo suo desiderio fu quello che la sua salma potesse trascorrere l’ultimo giorno sulla terra, in un locale del suo Asilo. Infatti da là partirono i solenni funerali, a cui parteciparono numerosi sacerdoti e numerosissima gente venuta anche da lontano.

Fu la sua apoteosi.

Qui termina la testimonianza del nipote Maestro Carlo Giambelli.

Il cardinale lldefonso Schuster, artefice della resistenza e della difesa di Milano, muore il 30 agosto 1954 nel Seminario di Venegono.

Il Cardinale Ildefonso Schuster Arcivescovo di Milano dal 1929 al 1954.
Il Cardinale Ildefonso Schuster Arcivescovo di Milano dal 1929 al 1954.

Dopo la sua morte, i sacerdoti “ribelli per amore” sentono il bisogno di ringraziare l’Arcivescovo per tutto quanto aveva fatto per loro nei mesi della bufera e dell’odio con una lettera aperta.

Ecco la loro testimonianza.

Ogni volta che abbiamo potuto aiutare un ebreo ricercato a morte, un prigioniero fuggiasco e indifeso, un perseguitato politico… ogni volta che ci siamo opposti all’ingiustizia, al sopruso, alla violenza e abbiamo difeso gli inermi e i perseguitati “sentivamo” che il nostro Vescovo era con noi.

Alcune Sue parole, alcuni Suoi gesti, hanno illuminato la nostra azione e ci hanno profondamente commossi, come quella volta che nel carcere di San Vittore, davanti alle SS impietrite, ha abbracciato uno di noi, vestito da galeotto e con la barba lunga, o l’altra volta in cui si è inginocchiato di fronte al giovane sacerdote uscito dal carcere, ha baciato le sue mani e lo ha chiamato martire perchè aveva saputo che era stato picchiato e torturato, o ancora quando ha definito alcuni di noi “confessori della fede”, “martiri della carità”.

Ebbene, ancora oggi, tutto il popolo di Cassina de’ Pecchi è “onestamente orgoglioso” che tra i centosettantanove “martiri per amore” si fa memoria anche di don Ambrogio Verderio suo degnissimo e nostro Parroco”.

 

(A cura di Mons. Bruno Magnani)

 

 

 

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