L’oratorio dice “grazie” a don Bruno.

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1 settembre 2016

“Sono Onorata del compito affidatomi di esprimere, in questo luogo, tutta la riconoscenza della comunità per il bene che don Bruno ha nutrito per l’oratorio.

I luoghi possono parlare o diventare muti, sta a noi, che li abitiamo, essere pietre vive, ritrovare il senso dell’esistenza degli edifici, capire come sono nati e perché sono nati.

Don Bruno credeva nella memoria per questo scriveva tanto; lui cercava di restituire fatti ed avvenimenti a noi parrocchiani, perché non perdessimo la nostra identità mantenendo il senso presente dei luoghi che abitiamo per collaborare alla costruzione del regno di Dio.
Don Bruno sapeva che la privazione della fede, della storia, dei contenuti, delle ragioni, delle speranze e dei sogni è la morte di una comunità.

In una sua lettera datata 30/1/2008 leggo: “La gratitudine è la memoria del cuore”, partendo da questo insegnamento inatteso, come molti dei suoi insegnamenti, vi invito a spostare lo sguardo dalla bara e ad alzarlo per rivolgerlo tutto intorno, il nostro cuore si gonfierà, se ancora non l’ha fatto, di gratitudine, quella gratitudine di cui parlava don Bruno, capace di farsi strada nel tempo e superare i confini stretti della morte.

Guardiamo la Scuola dell’Infanzia, fondata da don Ambrogio Verderio e riaperta da don Bruno. La scuola tanto amata, custodita e, al termine dei sui giorni, vegliata quotidianamente dalla finestra, è stato il luogo dove lui ha compiuto uno dei sui ultimi generosi gesti: la posa nella grotta della sua personale Madonnina, messa lì perché i più piccoli necessitano di una cura speciale e Maria è una mamma speciale.

Il nostro sguardo si fermi ora sulla casa dove tanti sacerdoti hanno abitato e ancora abitano, la prima casa costruita da don Bruno perché il pastore deve stare dove sono le sue pecore.

Spingiamo lo sguardo oltre dove ci sono: la cappellina, le sale della catechesi, il salone, la segreteria, la cucina, il magazzino, oggi sono luoghi abitati giosamente con disinvoltura, non dobbiamo dimenticare che sono il frutto di un grande sogno condiviso con il nostro parroco emerito che si è realizzato avendo fiducia nella Provvidenza che don Bruno ci ha insegnato ad invocare, perchè una comunità cristiana ha il compito di: formare alla fede, avere un luogo dove vivere la pastorale giovanile, testimoniare l’amore di Dio nel quotidiano, condividere nella comunione.

Lo sguardo corre verso i campi sportivi, la palestra, gli spogliatoi, i luoghi ricreativi dell’oratorio che hanno generato il desiderio di creare un progetto sportivo che contenesse i valori cristiani.

Ora il giardino con i giochi per i bambini, perché i bambini, don Bruno, li aveva nel cuore e gli chiedevano spesso di poter giocare, anche sotto al suo tabarro, e lui, che conosceva il valore educativo del gioco, ha sempre trovato lo spazio per il gioco.

Poi il cinema-teatro, prima chiesa improvvisata del giovane parroco don Bruno, che dopo aver sognato e realizzato la chiesa S. Maria Ausiliatrice, ha riaperto con la sua funzione. Esso ha generato quelli che don Bruno chiamava “bei momenti” e ha formato alla cultura cristiana, attraverso le arti espressive, tante generazioni. E’ rimasto un sogno tutto da sognare. Un buon padre fa anche questo: non sogna tutto da solo, t’insegna a sognare.

Uno sguardo lo merita anche la casa dove ha abitato negli ultimi anni, quel luogo dice molto dell’umiltà di don Bruno e insegna che cos’è la musica, sì, perché davanti ai dolci rimproveri di chi temeva che il chiasso generato in oratorio lo disturbasse, lui rispondeva allegramente: “Questa è musica per le mie orecchie”, impartendo così una lezione unica sull’arte, su ciò che è bello e buono.

Ora possiamo riportare lo sguardo sul feretro e dire “Grazie”. Un grazie sconfinato, che fa scoppiare il cuore verso chi ci ha testimoniato la fede, ci ha amati e custoditi, questo “grazie” diventerà la memoria del cuore, sarà un grazie pregno di vita perché continuerà nei nostri gesti, nell’abitare i luoghi sognati e realizzati, senza perderne il senso.

Grazie don Bruno”

(Anna Maria Ponzellini)