“Fratelli e sorelle .… buonasera!”

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Vi ricordate?

Era il 13 marzo di sette anni fa quando l’Arcivescovo di Buenos Aires (Card. Jorge Mario Bergoglio) venne eletto Papa scegliendo il nome “Francesco”. E la prima frase che disse al mondo fu proprio questa: “Fratelli e sorelle… Buonasera!”.

Si presentò anzitutto come semplice “Vescovo di Roma” e invitò subito a fare una preghiera (Pater, Ave e Gloria) per il “papa emerito Benedetto XVI” e prima di dare la sua prima benedizione papale chiese a tutti un attimo di silenzio “perché il popolo chieda al Signore, nella preghiera, la benedizione per il suo Vescovo”.

Nei giorni scorsi, tanti hanno mostrato, scritto e parlato (e “sparlato”) di un momento di impazienza di Papa Francesco, mentre si trovava tra la folla in piazza San Pietro, strattonato da una fedele. Poi il Papa, il giorno dopo, all’Angelus ha chiesto scusa, secondo il suo stile, perché “tante volte perdiamo la pazienza”.

Credo che una delle rivoluzioni più importanti che Francesco abbia portato sia proprio la normalità.

Sì, abbiamo un papa normale: se perde la pazienza per uno strattone ricevuto lo fa davanti a tutti e poi chiede scusa. Se muore una sua amica prende la macchina e va al suo funerale, come è accaduto proprio in quei giorni, in una parrocchia di Roma, in occasione delle esequie di una sua amica professoressa.

Un Papa che affacciandosi per la prima volta davanti al mondo augura “Buonasera” ed invita a fare in silenzio una preghiera al Signore perché lo benedica e lo accompagni. Un Papa che all’Angelus domenicale immancabilmente ci chiede di pregare per lui e non dimentica di augurarci “Buon pranzo!”. Un Papa che…

Ma perché questa semplice normalità dà così tanto fastidio e disturba?

Non sono un esegeta ma mi piace la risposta di Gesù proprio ai “suoi” discepoli che gli chiedevano (guardate un po’ come non si cambia mai !?!) “chi fosse il più grande nel regno dei cieli?”… Gesù risponde: “Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18, 1-5).

Buon Anno a tutti!

All’insegna della normalità evangelica.

 

Don Massimo