Curiosità

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Il Bicchiere era un lusso

I bicchieri ci sono già quattromila anni prima di Cristo, queli in vetro invece nascono più tardi, più o meno duemilacinquecento anni fa.

Sembra che la tecnica della soffiatura sia stata scoperta da vetrai siriani, che poi, insieme a quelli egiziani, la diffondono in tutto l’impero romano.

Ma il bicchiere di vetro rimane per molto tempo un oggetto prezioso. Soltanto i ricchi possono permetterselo: gli altri continuano a usare bicchieri di terracotta, legno, corno o metallo.

Durante il Medioevo il bicchiere continua a rappresentare un lusso riservato a pochi, a volte è addirittura “collettivo” e i commensali se ne servono a turno.

A Venezia, già intorno al 1200, un gruppetto di vetrai, provenienti da Costantinopoli, forma una solida Corporazione, che si fa via via sempre più florida e potente.

Nel 1600 la città conta più di trecento vetrerie, tutte concentrate, per il pericolo di incendi, nell’isola di Murano. I maestri vetrai sono pagati molto e hanno addirittura il diritto di coniare le “oselle” (monete in ricordo dell’elevazione dei dogi); in cambio non possono rivelare i segreti del loro lavoro e neppure allontanarsi dal territorio della repubblica.

Soltanto verso la metà del ‘700, il bicchiere “personale” arriva su tutte le tavole.

Le posate – “Civiltà della tavola”

La storia delle posate è piuttosto recente, connessa strettamente all’arte del servire e dell’apparecchiare, alla “civiltà” della tavola insomma.

La posata più antica, il coltello, serviva ai Romani soltanto come strumento di caccia.

A tavola non era quasi mai usato, dato che i cibi venivano serviti già tagliati in piccole porzioni.

Durante i banchetti romani era presente invece il cucchiaio. Un tipo particolare di cucchiaio, chiamato “cochlear”, serviva a mangiare le chiocciole; un altro tipo aveva il manico che terminava a punta per poter aprire il guscio dei molluschi.

Il coltello incominciava a diventare importante dal Medioevo in poi. L’impugnatura, che è in osso, avorio o in un metallo prezioso, si arricchisce di incrostazioni, ceselli, intagli e smalti; accanto alle lame tradizionali a punta compaiono le prime lame arrotondate.

Sulle mense Rinascimentali arrivano anche le forchette.

Sono a due o tre rebbi, con il manico in metallo prezioso o in legno intagliato e si rivelano molto utili per superare l’ostacolo degli enormi collari a gorgiera di moda a quell’epoca. Enrico III di Francia conosce la forchetta durante un viaggio a Venezia, ne è conquistato e decide di proporne l’uso anche alla sua Corte.

Luigi XIV invece giudica la forchetta troppo raffinata, anzi addirittura “effeminata”.

Soltanto nel tardo Settecento comunque la forchetta viene accettata definitivamente come “strumento” indispensabile su tutte le tavole.

Si legge infatti in un libro del 1621: “è minore ischifeza” prendere il cibo dalle proprie mani che da un pezzo d’argento.

(A cura di Monsignor Bruno Magnani)