LA TOSSICOMANIA

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La crisi economica, pur pesante e dolorosa, dovrebbe essere un’occasione provvidenziale per riflettere e cambiare registro, per razionalizzare i nostri consumi e puntare alle cose essenziali.

Non si tratta di ridurre le spese necessarie (e quali esse siano, lo sappiamo tutti). Ma forse il nuovo iPhone della Apple, i viaggi in località trendy dove vanno anche i vip, le magliette griffate e lo zainetto nuovo, o il suv che consuma il doppio… li dovremmo lasciar perdere e ci renderemo conto che si può vivere ugualmente bene.

“Eh, ma così i ragazzi si lamentano di fare una brutta figura con gli amici…”. La posta in gioco è molto più di una brutta figura, che passa subito. Questa crisi, che interessa il mondo occidentale e che si ripercuote negativamente sul resto del mondo, ci ha messi davanti al muro delle nostre responsabilità.

Da parecchi anni gli studiosi d’economia vanno dicendo che la super produzione e i consumi sfrenati, con relativo sfruttamento delle risorse non rinnovabili e conseguente inquinamento, preparano il collasso del pianeta. Perciò è auspicabile un rallentamento della produzione e dei consumi per arrivare a uno sviluppo industriale sostenibile. Ma chi ascolta questi “profeti di malaugurio”?

Il sociologo Serge Latouche afferma che il nostro mondo occidentale è affetto da “tossico dipendenza da pil”.

Il nostro mondo è malato di un consumismo “folle”, perché coesiste con milioni di persone che muoiono di fame e non hanno un cartone sotto cui ripararsi. Non possiamo dimenticare che le risorse del mondo non sono infinite, e nessuno ha il diritto di permettersi il futile, quando molti non hanno neppure l’indispensabile: è questione di solidarietà e di equa distribuzione.

Ci domandiamo: perché costruire automobili sempre più potenti, quando si sa che non potranno correre ad alta velocità? E il consumismo alimentare? Quante centinaia di tonnellate di pane e altri alimenti finiscono ogni giorno nei cassonetti! E le emergenze rifiuti? Quanti imballaggi, pubblicità e strumenti vari che non si sa più dove buttare!

È tempo che ritroviamo quello stile di vita “più austero” di cui parla l’enciclica missionaria Redemptoris missio. E noi cristiani siamo sfidati a coniugare il “non di solo pane vive l’uomo” con l’altrettanto evangelico “ogni uomo è mio fratello”.

(Gabriele Ferrari)