Novena di Pentecoste

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Giorni di particolare pregnanza spirituale per la Chiesa sono quelli compresi tra la solennità dell’Ascensione del Signore e l’ottava domenica di Pasqua in cui celebriamo la manifestazione dello Spirito santo a Pentecoste.

Denominati “novena” o “settimana”, secondo che l’Ascensione sia celebrata il giovedì a 40 giorni dalla Pasqua oppure la domenica precedente la Pentecoste, questi giorni raffigurano la Chiesa orante che attende una nuova manifestazione dello Spirito sulla terra.

Per contemplare il mistero della Chiesa è significativo porre lo sguardo sull’intero periodo vissuto dagli apostoli tra la Pasqua, in cui il Signore Gesù comunica loro lo Spirito (Gv 20,22), e la Pentecoste, in cui lo Spirito discende e si manifesta con l’evento di una pubblica testimonianza (Atti 2,1-12).

Ma è soprattutto nei giorni successivi all’ultima apparizione, in cui il Cristo viene elevato in alto, che la comunità apostolica vive la promessa di ricevere forza dallo Spirito santo per essere autentica testimone del Signore, nell’attesa che egli venga allo stesso modo in cui è stato visto andare in cielo (Atti 1,6-11).                                   

In attesa del dono dello Spirito Santo

«In questi giorni di preparazione alla solennità di Pentecoste non ci scostiamo dal Cenacolo. In esso vi erano adunate con Maria anche le sante donne che stettero con Lei sotto la croce e al sepolcro. Avevano lungamente taciuto, sospirato e pianto in cuor loro, ora nel Cenacolo sono degnate di carismi divini. Furono, come a dire, i primi fiori della Chiesa nascente germinati al caldo dello Spirito Santo e all’ombra della divina Maria; albergo vivo di Dio e domicilio di ogni grazia e di ogni virtù.

La croce riempì la loro anima di sante tristezze ed ora il divino Spirito le ricolma di arcane gioie.

Stiamo anche noi nel Cenacolo e amiamo e adoriamo con loro.

Apriamo il cuore allo Spirito Santo e diciamogli che ci parli con accenti di folgore, che abbatta e schianti tutto il terrestre e crei in noi il nuovo e il divino. Tutto taccia in noi e intorno a noi e disponiamoci così ai carismi di Pentecoste. E se vogliamo che Egli parli dentro di noi giuriamogli di tacere sempre.

Tacere nel dolore e nella lotta; nelle aridità e desolazioni dell’anima; tacere negli scontri penosi dell’amor proprio; tacere nella serena disinvoltura di chi si sente vile e gode di essere trattato da vile; tacere delle cose della terra e di tutto ciò che ha sentore di umano.

Con questo silenzio diventeremo come morti al mondo e vivremo a Dio solo. Allora seguirà in noi quello che si chiama cambiamento del cuore e l’anima al fuoco del Paraclito prenderà istinti nuovi e divini. La grazia poi aiuterà questi atti dei quali solo Dio è testimone. Così l’anima è preparata a ricevere lo Spirito Santo, il quale la purifica, le applica il tesoro dei meriti infiniti del Redentore e forma con lei il consorzio e il colloquio dell’amore. Per la soavità intima di questo commercio, l’anima è ripagata dei dolori e delle lotte sostenute. È vestita di fuoco, inebriata di Sangue come diceva Santa Caterina da Siena, e nel silenzio e nella contemplazione del Crocifisso trova la tregua, il riposo, la pace, che sorpassa ogni senso e ogni bene. 

(da un autore del XIX° sec.)