“Un secolo al servizio della Comunità”

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Il 9 agosto 2006, in occasione della festa patronale di S. Fermo e del 50° di sacerdozio del parroco don Giuseppe Caselli, l’amico della Terza Età Franco ricordava una coincidenza significativa: le campane della chiesa di S. Agata compivano 100 anni e, dopo aver suonato per 36.525 giorni, in quell’occasione suonavano a storno per festeggiare S. Fermo e don Giuseppe.

Non è facile raccontare le storie di un secolo in riferimento a delle campane; ci ha provato il nostro amico Franco in questo articolo.

«Prima del 1906, la torre campanaria della chiesa era dotata di 3 campanelle, allorchè il parroco don Innocente Viganò decise di sostituirle con un nuovo concerto di 5 campane. Furono ordinate alla fonderia arciv. di Seregno dei Fratelli Ottolina, e il giorno 9 agosto 1906 erano pronte sulla piazza a far bella mostra, per far sentire il loro suono ai colpi di battacchio e per essere benedette. Tutto questo attirò tanti curiosi e pellegrini devoti al Santo dispensatore di grazie, per l’anima e per il corpo (famoso era l’olio del santo per le medicazioni).

Nei giorni che seguirono le campane furono issate sul campanile. Il primo a farle suonare a distesa, fu il giovane sacrista campanaro Angiulou (aveva 20 anni),che era in carica dal 1900. Delle sue campane l’Angelo Castelli se ne gloriava con gli altri sacrestani della Pieve (l’attuale “Decanato”) quando si riunivano una volta all’anno il Venerdì Santo a Gorgonzola, nell’Osteria dei Frati, la stessa dove si fermò Renzo Tramaglino dei “Promessi sposi” a mangiare le uova sode (in ciapa) raccolte durante la distribuzione nelle case dei rami di ulivo.    Ritirato l’olio consacrato il Giovedì Santo in Duomo, e appreso le disposizioni dal prevosto, ritornava a casa contento e soddisfatto.

Le campane non servivano solo per le funzioni religiose, ma se suonavano in un determinato modo, detto “campana a martello”, segnalavano alla popolazione i pericoli: le inondazioni e i frequenti incendi. A quel suono la popolazione accorreva a darà man forte agli sventurati per spegnere l’incendio. Un altro suono particolare in auge fino agli anni ’50 era quello che annunciava l’arrivo dell’esattore delle tasse: per ricordare ai cittadini il dovere di recarsi alle scuole per versare i dovuti contributi. 

Per queste segnalazioni il sacrestano doveva salire in cima al campanile facendo oltre cento gradini e battere a mano il battacchio 20 rintocchi per 3 sequenze, mentre per gli incendi doveva battere finché avava flato. Il sacrestano Angiulou lasciò l’incarico al nipote Antonio ma rimase in carica fino 1950 quando, anche per lui come per ogni mortale, i bronzi delle sue campane suonarono a morto» (9 agosto 2006)

Franco Castelli

A cura di Mons. Bruno Magnani