“L’antica strada del bosco ”

430

L’antica strada del bosco partiva proprio dal ponte sul Naviglio del Colombirolo a Cassina de’ Pecchi, ed arrivava, costeggiando per un tratto il torrente Molgora, fino a Vimercate. La strada, giunta in territorio busserese, attraversava un bosco, alquan­to pericoloso per coloro che si accingevano a passare a piedi o a traino di cavalli, perchè facilmente potevano essere assaliti dai briganti.

Prima che il bosco scomparisse, in loco esistevano alcuni insediamenti abitativi, chiamati, dalla lingua tedesca e dal nostro dialetto, “busch”, trasformatosi poi in “Buxoro”, quindi “Bussoro” ed infine all’attuale ” Bussero”. Col passare del tempo, il bosco divenne un boschetto e gli abi­tanti del borgo vennero soprannominati in dialetto “boschitt”, in seguito “bositt” o “busitt”, appellativo in uso sino agli anni settanta circa.

Intanto la campagna si estese sempre di più e in essa venne coltivata la vite, che dava un ottimo vino bianco detto “Bianco di Bussero”, del “Moscatello” e del vino rosso come il “Credello” e il “Caspio”.

Dopo la costruzione del canale Villore­si a nord dell’abitato nel 1894, i terreni divennero irrigui, per cui si resero inadatti per i vigneti, quindi si dovette cam­biare coltivazione e si passò alla piantagione dei gelsi per l’allevamento dei bachi da seta. Venne il declino dell’allevamento dei bachi, causato dall’importazione della seta dall’oriente; allora si passò alla piantumazione del tabacco per un breve periodo ma senza un buon profitto quando, causa le ultime due guerre, si toccò la miseria, come quella rappresentata nel film “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi.

Alla fine degli anni sessanta venne costruita a sud dell’abitato la linea del metrò, con la stazione “Bussero”.

Di conseguenza si diffuse a grandi passi la cementifica-zione,che in breve tempo fagocitò gran parte del territorio. Fatalità vuole che nei pressi del ponte del Colombirolo, dove ha avuto inizio “l’antica strada del bosco”, essa incroci e venga sovrappassata dalla “Linea celere dell’Adda”, quasi a signifi­care, la voracità dei tempi moderni.

 

            (Franco Castelli)