“CRISTO NON PUÒ ESSERE DIVISO”
La data tradizionale per la celebrazione della Settimana di preghiera per l‘unità dei cristiani è dal 18 al 25 gennaio. Fu proposta nel 1908 da padre Paul Wattson ed è compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo, assumendo quindi un significato simbolico.
Il tema di quest’anno è offerto dal testo della prima lettera ai Corinzi, nella quale S. Paolo afferma categoricamente: “Cristo non può essere diviso!”
“Credere in Cristo significa volere l’unità”. Così scriveva Giovanni Paolo II nella sua Enciclica “Ut unum sint”.
Gesù Cristo, infatti, è venuto nel mondo per “raccogliere in unità i figli di Dio che erano dispersi”. E’ per questo, in definitiva, che credere in Lui significa volere l’unità.
Ciò evidentemente vale innanzi tutto per i cristiani.
Ma la storia della Chiesa ha sperimentato più volte la dolorosa divisione della comunità dei credenti, senza che ciò compromettesse quella radice d’unità che è la comune fede in Cristo sigillata dal battesimo.
Tuttavia la pienezza della comunione è altra cosa, come stanno a testimoniare le incomprensioni e i conflitti che hanno segnato il bimillenario cammino della Chiesa.
Dobbiamo riconoscere con gioia e gratitudine quel movimento che, a partire dal XIX secolo, ha cominciato a interessare i cristiani di tutte le denominazioni: si tratta del movimento ecumenico. È un irreversibile mettersi in marcia da parte dei cristiani verso la piena comunione, segno evidente ed efficace dell’azione dello Spirito Santo che, agendo nell’intimo dei cuori, li apre a Dio in Cristo e così li apre ai fratelli e alle sorelle.
L’unità in Cristo è dono di Dio.
Non per niente Gesù, nel momento supremo dell’ultima cena, prega il Padre proprio per l’unità: “Che tutti siano una cosa sola, perché il mondo creda” (Gv 17,21).
La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ha dunque questo grande e insostituibile significato: raccogliere i credenti in Cristo nella comune invocazione a Dio del dono dell’unità. Una preghiera che, per essere autentica, esige la conversione del cuore, il presentarsi disarmati di fronte a Dio per essere pronti a percorrere con fiducia e decisione i sentieri che Egli stesso vuol tracciare davanti a noi verso la casa dell’unità.
Preghiera e conversione del cuore vanno di pari passo.
Già Papa Leone XIII nel 1894 incoraggia la pratica dell’ottavario di preghiere per l’unità nel contesto della celebrazione della Pentecoste.
Nel 1907 l’iniziativa conosce nuovo impulso grazie all’impegno di padre Paul Wattson e del sacerdote anglicano Spencer Jones.
L’abate Paul Couturier nel 1935 la trasforma in “settimana universale di preghiera per l’unità dei cristiani”, con l’invito appunto a pregare insieme perché si realizzi “l’unità che Cristo vuole e con i mezzi che Egli vuole”.
Il Concilio Vaticano II, tra i principali obiettivi annunciati da Giovanni XXIII, mette in primo piano l’istanza ecumenica. Nel 1968 per la prima volta la “preghiera per l’unità” viene celebrata in base al testo elaborato in collaborazione dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’ Unità dei cristiani e dalla Commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Così è sino ad oggi, con un coinvolgimento sempre maggiore, perché la divisione tra i cristiani con sempre maggiore consapevolezza è avvertita come una ferita che occorre rimarginare, come una vera e propria controtestimonianza, come un fatto intollerabile: proprio “perché credere in Cristo significa volere l’unità”.
Al dialogo degli esperti e alle indicazioni autorevoli dei Pastori è chiamato ad affiancarsi il dialogo della vita, fatto di gesti quotidiani.
Nei primi secoli del cristianesimo, Tertulliano affermava lapidario che “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. Il pastore valdese Paolo Ricca è arrivato a dire che oggi “il sangue dei martiri è seme di unità”.
Occorre morire a sé per far spazio all’altro, per conoscerlo ed amarlo, ma anche per farsi conoscere ed amare, per camminare insieme, nella fedeltà alla verità e al comandamento nuovo della carità reciproca, e per pregare di saper accogliere – quando e come Dio vorrà – il dono dell’unità.
(Piero Coda)