Il Sabato Santo di Maria: tra le lacrime e la forza della fede

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deposizionePer noi cristiani c’è un “sabato” al centro e al cuore della nostra fede: è il Sabato santo, incastonato nel triduo pasquale, come un tempo denso di sofferenza, di attesa e di speranza. E’ un sabato di grande silenzio, vissuto nel pianto dai discepoli che hanno ancora nel cuore le immagini dolorose della morte di Gesù.

E’ anche il Sabato santo di Maria, vergine fedele, madre dell’amore. Ella lo vive nelle lacrime ma insieme nella forza della fede, sostenendo la fragile speranza dei discepoli.

E’ in questo sabato –  tra il dolore della Croce e la gioia di Pasqua – che i discepoli sperimentano il silenzio di Dio, la pesantezza della sua apparente sconfitta. E’ in questo sabato che Maria veglia nell’attesa, custodendo la certezza nella promessa di Dio e la speranza nella potenza che risuscita i morti.

Ma perché fermarsi al Sabato santo? Non siamo forse già nel tempo del Risorto? La luce del Risorto, percepita dagli occhi della fede, ancora si mescola con le ombre della morte. Siamo già salvati nella fede e nella speranza, già risorti con Gesù nel battesimo quanto all’uomo interiore, ma la nostra condizione esteriore rimane legata alla sofferenza, alla malattia e al declino.

Il peccato è vinto nella sua forza inesorabile di distruzione e però continua a coinvolgere innumerevoli situazioni umane e a riempire la storia di orrori: i poveri sono oppressi, i prepotenti trionfano.

Gesù crocifisso è già nella gloria del Padre, ma l’evidenza della sua risurrezione e la gloria del suo trionfo permangono velati: vanno contemplati con lo sguardo della fede.

I sentimenti di smarrimento e paura dei primi discepoli nel Sabato santo vanno contrastati e vinti con la fede e la speranza di Maria.

Maria è rimasta in silenzio ai piedi della croce nell’immenso dolore della morte del Figlio e resta nel silenzio dell’attesa senza perdere la fede nel Dio della vita, mentre il corpo del Crocifisso giace nel sepolcro. In questo tempo che sta tra l’oscurità più fitta e l’aurora del giorno di Pasqua, dall’abisso della sua sofferenza, Maria parla al nostro cuore.

Tu, o Maria, vorresti che noi, partecipi del tuo dolore, partecipassimo anche della tua consolazione. E’ la consolazione che viene dalla fede e che assume forme diverse; una di queste – di cui c’è tanto bisogno oggi – è la “consolazione della mente”.

E’ un dono divino molto semplice, che permette di intuire la ricchezza, la coerenza, la bellezza dei contenuti della fede. E’ un’apertura degli occhi e del cuore: di fronte all’evidenza della sofferenza e della morte, che tende a schiacciare il cuore, tale intuizione si pone come una grazia dello Spirito santo che fa risplendere talmente la “gloria di Dio” da illuminare con la luce della verità anche gli angoli più tenebrosi della storia.

O Maria, tu ci insegni a credere anche nelle notti della fede, a celebrare la gloria dell’Altissimo nell’esperienza dell’abbandono, a proclamare il primato di Dio e ad amarlo anche nei suoi silenzi. Intercedi per noi perché non ci manchi mai quella consolazione della mente che sostiene la nostra fede.

 

Tu, nel sabato della delusione, sei la Madre della speranza e ci ottieni la “consolazione del cuore”.

Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime” (Lc 21,19).

La pazienza e la perseveranza sono le virtù di chi attende, di chi ancora non vede eppure continua a sperare.

Tu, o Maria, hai atteso con fiducia la nascita del tuo Figlio proclamata dall’angelo, hai sperato contro ogni speranza sotto alla croce e fino al sepolcro, hai vissuto il Sabato santo infondendo speranza ai discepoli smarriti e delusi, ottenendo per loro, e per noi, la “consolazione del cuore”.

È una grazia che tocca la sensibilità e gli affetti profondi inclinandoli ad aderire alla promessa di Dio, vincendo l’impazienza e la delusione. Quando il Signore sembra in ritardo nell’adempimento delle sue promesse, questa grazia ci permette di resistere nella speranza e di non venir meno nell’attesa.

Nel sabato della storia, molti, anche cristiani, sono tentati di non sperare più nella vita eterna e neppure nel ritorno del Signore. L’impazienza e la fretta caratteristiche della nostra cultura tecnologica ci fanno sentire pesante ogni ritardo nella manifestazione svelata del disegno divino e della vittoria del Risorto. Intercedi per noi affinché viviamo nel tempo con la speranza dell’eternità, con la certezza che potremo contemplare con gioia la gloria del Risorto.

 

Tu, Maria, nel sabato dell’assenza e della solitudine, sei e rimani la madre dell’amore e ci ottieni la “consolazione della vita”.

Maria, che senso ha tanto tuo soffrire? Come fai a dare significato alla tragedia che stai vivendo?

Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).

Tu nel Sabato santo ci stai davanti come madre amorosa che genera i suoi figli a partire dalla croce, intuendo che né il tuo sacrificio né quello del Figlio sono vani. Se lui ci ha amato e ha dato sé stesso per noi, se il Padre non lo ha risparmiato, tu hai unito il tuo cuore materno all’infinita carità di Dio con la certezza della sua fecondità. Ne è nato un popolo, “una moltitudine immensa”: il discepolo prediletto che ti è stato affidato ai piedi della croce è il simbolo di questa moltitudine.

La consolazione con la quale Dio ti ha sostenuto nel Sabato santo è una forza interiore di cui non è necessario essere coscienti, ma la cui presenza ed efficacia si misura dai frutti, dalla fecondità spirituale.

La percezione di una forza che ci ha accompagnato in momenti duri, anche quando non la sentivamo e ci sembrava di non possederla, è una esperienza vissuta da tutti noi. Ci pare a volte di essere abbandonati da Dio e dagli uomini, e però, rileggendo in seguito gli eventi, ci accorgiamo che il Signore aveva continuato a camminare con noi, anzi a portarci sulle sue braccia.

Una tale consolazione opera in noi dandoci la forza di resistere nella prova quando tutto intorno è oscurità; i suoi effetti si esprimono nella quotidianità permettendoci di stare in piedi nei momenti più duri, quando la mente sembra avvolta dalla nebbia e il cuore appare stanco.

Nel Sabato santo Maria vive un’attesa fiduciosa e paziente: ella sa che le promesse di Dio si avvereranno.

Anche nel tempo in cui ci troviamo è necessario riscoprire l’importanza dell’attesa. L’assenza di speranza è forse la malattia mortale delle coscienze.

All’indifferenza, alla frustrazione, alla concentrazione sul puro godimento dell’attimo presente, senza attese di futuro, può opporsi come antidoto soltanto la speranza; non quella fondata su calcoli, previsioni e statistiche, ma la speranza che ha il suo unico fondamento nella promessa di Dio.

Lo Spirito del Risorto ci tocchi interiormente e ci aiuti ad irradiare attorno a noi, con gli atti semplici della vita quotidiana, la gioia interiore e la pace, frutti della consolazione dello Spirito.

 

(Carlo Maria Martini)