LA VERITÀ DELLA PASQUA: LA VITTORIA DELL’AMORE SULLA MORTE

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«Quando sentirono Paolo parlare di risurrezione, alcuni lo deridevano, altri dissero: “Ti sentiremo su questo un’altra volta”».

Il primo confronto tra il messaggio fondante la fede cristiana e il pensiero filosofico e religioso a lei contemporaneo non è stato dei più felici.

Oggi, a quasi duemila anni da quel primo scacco della predicazione sulla risurrezione, che senso può avere per il mondo la celebrazione della Pasqua da parte dei cristiani? Quale verità celebrano i cristiani nella notte di Pasqua, qual è la buona notizia che dalle loro liturgie si dovrebbe diffondere, anche verso quanti non condividono la loro fede?

Nella sua essenza è un messaggio che parla di vittoria dell’amore sulla morte.

Ogni essere umano porta dentro di sé il senso dell’eterno, l’ansia di eternità, e tuttavia è costretto a constatare l’inesorabile presenza della morte come ciò che contrasta fortemente la sua vita.

La morte, proprio perché non permette che qualcosa di noi rimanga per sempre, minaccia fortemente il senso della nostra vita: la morte è la somma ingiustizia!

Noi troviamo senso nella misura in cui sappiamo vivere gesti che restano nel tempo: ma se tutto passa, se tutto finisce con la morte, che senso ha la nostra esistenza?

È qui che entra in gioco la riflessione umanissima che ogni uomo e ogni donna fanno sotto il cielo, da sempre e in tutte le culture: vivere è amare.

Quando infatti giungiamo a dire a qualcuno: «Ti amo», ciò equivale ad affermare: «Io voglio che tu viva per sempre». Sembrerà banale ripeterlo e tuttavia resta vero: la vita trova senso solo nell’esperienza dell’amare e dell’essere amati, e tutti siamo alla ricerca di un amore con i tratti di eternità.

La Bibbia ci illustra che amore e morte sono i due nemici per eccellenza: non la vita e la morte, ma l’amore e la morte! La morte, che tutto divora, che vince anche la vita, trova nell’amore un nemico capace di resisterle, fino a sconfiggerla.

Con questo orizzonte in mente, riflettere sul senso della Pasqua significa allora porsi una domanda chiave: perché Gesù è risorto da morte?

Una lettura intelligente dei Vangeli e di tutto il Nuovo Testamento ci porta a concludere che egli è risorto perché la sua vita è stata amore vissuto per gli uomini e per Dio fino all’estremo: «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine».

Gesù è stato risuscitato da Dio in risposta alla vita che aveva vissuto, al suo modo di vivere nell’amore fino all’estremo: quell’amore insegnato ai discepoli lungo tutta la sua vita e con tutte le sue forze. Quell’amore, divenuto così il comandamento nuovo Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati», è stato più forte della morte e ha causato la decisione del Padre di richiamarlo dalla morte alla vita piena.

Se Gesù è stato l’amore, come poteva essere contenuto nella tomba?

È questa la domanda che si cela dietro le parole pronunciate da Pietro nel giorno di Pentecoste: «Dio ha risuscitato Gesù, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere».

La resurrezione di Gesù è il sigillo che Dio ha posto sulla sua vita: resuscitandolo dai morti, Dio ha manifestato che nell’amore vissuto da Gesù era stato detto tutto ciò che è essenziale per conoscere lui.

In quest’ottica possiamo comprendere il cammino compiuto dai discepoli per giungere alla fede in Gesù Risorto e Signore.

Cosa è successo nell’alba di quel «primo giorno dopo il sabato»? Alcune donne e alcuni discepoli di Gesù si sono recati al sepolcro e l’hanno trovato vuoto: mentre erano ancora turbati da questa inaudita novità hanno avuto un incontro nella fede con Gesù Risorto: presso la tomba; sulla strada tra Gerusalemme ed Emmaus; ai bordi del lago di Tiberiade.

Gesù non è apparso loro sfolgorante di luce, ma si è presentato con tratti umanissimi: un giardiniere, un viandante, un pescatore. Si è manifestato nella forma con cui lungo la sua esistenza aveva narrato la possibilità dell’amore.

Per questo Maria di Magdala, sentendosi chiamata per nome con amore, risponde subito: «Rabbunì, mio maestro!»; i discepoli di Emmaus riconoscono Gesù nello spezzare il pane, cioè nel segno di una vita offerta per tutti; e il discepolo amato lo riconosce presente sulla riva del lago di Tiberiade gridando : «È il Signore!».

Davvero la vita di Gesù è stata riconosciuta come un amore trasparente e pieno da chi lo ha visto vivere e morire in quel modo.

Ha creduto alla forza dell’amore più forte della morte, poichè il Signore Gesù aveva davvero raccontato che «Dio è amore»!

(Enzo Bianchi)