14. SPUNTI STORICI ANTICHI E NUOVI PER LA COMUNITÀ PASTORALE “MARIA MADRE DELLA CHIESA”

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La grande guerra 1915-1918 (continuazione)

Mussolini, nonostante la sua precedente posizione politica, viene attratto dalle idee di Corridoni e così si esprime: “Non è più l’ora dei comizi ma l’ora dell’azione”, e indice un’inchiesta rivolta alle organizzazioni politiche socialiste e non socialiste, in merito all’invasione del Belgio e della Francia, dalla quale inchiesta uscì una volontà interventista.

In seguito messi ai voti gli intendimenti di Mussolini, che si trovò in minoranza e rassegnò le dimissioni da direttore de l’Avanti.

Il 15 novembre 1914 esce il giornale Il Popolo d’Italia, diretto da Mussolini sul quale così scrive:

“Ai giovani delle officine, degli atenei, di animo e di spirito italico a cui il destino ha commesso di fare la storia.

Il grido è una parola che io non avrei mai pronunciato in tempi normali e che ora innalzo con voce forte e spiegata con sicura fede, una parola paurosa e affascinante: GUERRA!”

Alle dieci del mattino il primo numero del nuovo giornale è in esaurimento.

Nelle piazze di Milano gli interventisti Filippo Corridoni, Attilio Defenu, Edoardo Malusardi, Alceste De Ambrosis e altri, tengono infervorati comizi riscuotendo consensi ed ovazioni, appassionando gli astanti, facendo proseliti nella popolazione, invitandola ad arruolarsi come volontari contro gli austroungarici, per ristabilire “i sacri confini naturali” nel nord-est d’Italia.

I giovani studenti s’infiammano per l’intervento in guerra, le ragazze e le signore appuntano le coccarde tricolori italiane, francesi e belghe sul petto e sugli ombrellini a favore dell’entrata in guerra dell’Italia.

Il 23 maggio 1915, l’Italia dichiara guerra all’Austria e la mattina del 24 maggio l’esercito si mette in movimento.

Medaglia conservata con cura da Magnani Attilio (papà di don Bruno)
Medaglia conservata con cura da Magnani Attilio (papà di don Bruno)
“AI SOLDATI DI TERRA E DI MARE PROCLAMA DEL 24 MAGGIO 1915 "...A VOI LA GLORIA DI COMPIERE FINALMENTE L'OPERA CON TANTO EROISMO INIZIATA DAI NOSTRI PADRI". VITT. EMAN. III
“Ai soldati di terra e di mare proclama del 24 maggio 1915 “…a voi la gloria di compiere finalmente l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri”.
VITT. EMAN. III

Il 25 luglio vi fu la partenza per il fronte di un gran numero di volontari militari e di leva. Grandi mazzi di fiori vennero offerti ai partenti, c’erano vessilli alle finestre e ai portoni, fra gli abbracci di parenti, fidanzate e madri, i giovani andavano alla guerra.

Il 32° reggimento di fanteria, dopo marce e due mesi di guerra, senza significative conquiste, aveva sacrificato tre quarti dei suoi soldati.

L’interventista Corridoni quando giunse al fronte fu accolto dai soldati con ostilità, lo accusarono di aver voluto la guerra ad ogni costo.

Gli ufficiali di carriera, contrari alla guerra, imposero ai volontari il compito di recuperare i feriti e i morti e provvedere alle sepolture, e poi li mandarono in prima linea.

Corridoni, resosi conto di cosa sia la guerra, in una lettera scrive: “…la guerra è la cosa più orrenda che pervertimento di un malefico genio possa immaginare, ma io lotterò come se fossi un rivoluzionario, in modo che non vi siano più guerre in Europa“.

Il suo fervore era tale che, accogliendo i rinforzi, sventolando il berretto disse: “Avanti, avanti amici, Vittoria Vittoria!”. Ed intonò l’inno di Oberdan: “Fuoco per Dio, sui barbari e sulle nemiche schiere”, quando una pallottola lo colpì in fronte e gli mozzò la parola.

Assai incerta è stata la provenienza della pallottola, nemica o amica?

Poi iniziò da ambo le parti un gran fuoco d’artiglieria che durò tutta la notte.

Alle luci dell’alba i generali degli opposti schieramenti decisero una tregua per recuperare i feriti, senza che alcuna delle parti avesse guadagnato posizioni.

Nel 1915 si conquistarono Monte Nero e Monte Sei Busi.

Nel 1916 si presero Asiago, Monte Sabotino e Monte S. Michele, dove caddero Cesare Battisti, Fabio Filzi, Damiano Chiesa e Nazario Sauro.

Mentre la stanchezza si estendeva su tutti i fronti, l’entusiasmo patriottico era svanito e i soldati erano ridotti a larve, i disertori crescevano, le industrie, che producevano armi, erano paralizzate per mancanza di personale, tutto scarseggiava, viveri e vestiti.

Per risollevare la situazione vennero chiamati alle armi i ragazzi del 1899.

Sul fronte si conquistavano e si perdevano avamposti in breve tempo, fino alla disfatta del 1917 a Caporetto. Allora il generale Cadorna venne sostituito dal generale Diaz, il quale seppe attuare nuove strategie che cambiarono le sorti della guerra.

Anche Mussolini aveva raggiunto il fronte.

Mio nonno Edoardo Frigerio venne chiamato alle armi nel 1915, all’età di 33 anni, pur avendo a carico moglie e quattro figli e il quinto in arrivo, e poiché in trincea si vociferava che gli sarebbe spettato l’esonero, inoltrò la richiesta, ma avendo bisogno di uomini al fronte, il comando non lo concesse.

Si riprese a parlare dell’esonero con il sesto figlio, ma la sesta figlia non ebbe la fortuna di vederla, perché il18 marzo 1918 cadde colpito da una granata nei pressi di Asiago, lasciando nel dolore e nell’indigenza mia nonna Maria con sei figli da crescere, fra i quali mia madre.

Dopo quattro anni di guerra combattuta contro gli austriaci e i rigidi inverni, il 3 novembre 1918 a Vittorio Veneto l’armata tedesca si arrese ed il 4 novembre venne firmato l’armistizio.

I sacri confini erano stati conquistati, ma quanto sangue e quante lacrime furono sparse.

Quest’immane catastrofe era quanto rimaneva di tutto quello che si vaneggiava con enfasi alla vigilia del conflitto, 600 mila morti e 1 milione di feriti: fame e distruzione erano la realtà.

Francesco Castelli (S. Agata)

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“Nella storia del Popolo di Dio
ci sono momenti belli, che danno tanta gioia,
ma ci sono anche momenti brutti, di dolore, di martirio, di peccato.

Sia nei momenti brutti sia nei momenti belli, una cosa sempre è la stessa:
il Signore è là.

Mai abbandona il suo Popolo,
perché il Signore
quel giorno di peccato, del primo peccato,
ha preso una decisione, ha fatto una scelta:
fare storia con il suo Popolo”.

(Papa Francesco)

Don Ambrogio nel lungo periodo del suo ministero pastorale, nei momenti di gioia, ma soprattutto nei momenti brutti di dolore, di sofferenza di martirio, di peccato, era sempre là con il suo Signore e con il suo popolo, sostenuto dalla sua fede e dal suo grande amore, non solo per la sua piccola comunità, ma per tutti, come dimostreremo più avanti.

(A cura di Mons. Bruno Magnani e Castelli Franco)

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