Un pezzettino di storia

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Pensare che proprio qui, accanto a noi, in luoghi e spazi che abitiamo e viviamo nella quotidianità, ci sono stati uomini davvero coraggiosi, liberi e forti, non può che essere un motivo di orgoglio per la nostra intera Comunità. Come la storia di don Ambrogio Verderio, Curato di Cassina de’ Pecchi.

“Vi è un gruppo veramente pericoloso, composto da uomini, sacerdoti e no, con una preparazione culturale, con programmi chiari per il futuro, che non speriamo prossimo: gente che non si compera e non si vende…”

E’ con queste rancorose parole che il Tenente Colonnello Zanuso delle Brigate Nere nel Febbraio del ’45 si riferisce ai numerosi preti, attivisti e semplici fedeli che nel milanese si battono per opporsi alle violenze nazifasciste, per proteggere ebrei, fuggiaschi, partigiani e soldati alleati finiti oltre le linee nemiche.

Fra questi ce ne è uno, un prete come tanti, che in una minuscola frazione delle campagne della Martesana da tutti è noto perché si oppone da sempre alle violenze squadriste.

E’ Don Ambrogio Verderio, curato di Cassina de’ Pecchi.

“Ha sempre avuto un coraggio da leone, un prete energico [che] aveva una grande influenza su tutta la popolazione. Don Verderio apriva la Canonica alle cinque del mattino e cominciava la processione della gente che gli chiedeva consigli e aiuto…”

Così lo ricorda Aldo Varisco, attivista dell’Azione Cattolica e medaglia d’oro della Resistenza, ai tempi operaio a Sesto che, su incarico del Cardinal Schuster, contatta Don Ambrogio.

Insieme passano le notti in una vecchia stalla di Cassina e lì creano tessere annonarie false da dare alle famiglie di origine ebraica perché possano sfamarsi.

Don Verderio poi userà la sua Canonica come rifugio per ebrei e partigiani feriti quando le cose si metteranno davvero male per loro, sfruttando la posizione vantaggiosa della Canonica che ha un lato sulla strada ed uno sui campi, agevole per fughe repentine in caso di incursioni dei Nazifascisti.

Lascerà un segno indelebile nella sua piccola comunità che continuerà a guidare anche negli anni successivi alla fine del conflitto, promuovendo l’educazione (con la creazione della Scuola Materna), aiutando i bisognosi, vagando per le campagne della Martesana con la sua bicicletta per impartire la comunione a chi lavorava duramente in mezzo ai campi.

Un esempio di uomo giusto del nostro territorio, che ha saputo piantare semi di pace in momenti davvero bui, semi che ancora sanno germogliare sulla nostra terra.

Ringraziamo di cuore il Prof. Alfredo Canavero che ha recuperato per tutti noi la storia di Don Ambrogio Verderio

Don Massimo