Cercasi facilitatori di incontro e cercatori di Dio

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Carissimo popolo di Dio che vive a Cassina de’ Pecchi,

una delle fatiche che spesso si riscontra nelle comunità cristiane è quella di non sentirsi popolo, ma “gruppo”. Il gruppo dell’oratorio, il gruppo della catechesi, il gruppo della sportiva, il gruppo delle famiglie, il gruppo degli anziani, il gruppo del coro, insomma tanti gruppi. Gruppo è un termine comodo per identificarci ed organizzarci, ma spesso non è adeguato a comprendere chi è la Chiesa. Quando parliamo di gruppi sembra già di sentire il brusio assordante del pettegolezzo e delle maldicenze, che trovano il loro terreno fertile nella gelosia e nell’invidia. Un’altra fatica è quella di pensare che il “si è sempre fatto così” è il modo perpetuo di essere Chiesa. La Chiesa, ci ricorda l’arcivescovo Mario, “non assolutizza mai forme, assetti, strutture e modalità della sua vita”; le ripetizioni meccaniche delle attività pastorali sono talora “argomento per chiedere conferma dell’inerzia e resistere alle provocazioni del Signore che trovano eco nelle sfide presenti”.

Allora, chi è la Chiesa? Noi siamo un popolo in cammino. Sento già nel cuore uno spirito diverso immaginando la chiesa “popolo” e non “gruppo”! È come aprire le finestre di una stanza male odorante! Siamo in cammino, ed è proprio l’arte del camminare che ci rende aperti alle novità dello Spirito di Dio, la precarietà non ci spaventa, non coltiviamo la presunzione di organizzare o definire tutto, camminando si svela il percorso. Camminando si riconosce che siamo una Chiesa “dalle genti”, come ci ha ricordato il Sinodo minore della Chiesa milanese. Siamo popolo, il popolo di Dio che non si stanca di usare la grammatica antica, ma sempre nuova del linguaggio evangelico: l’incontro, l’ascolto, la condivisione. Sarebbe saggio riscoprire l’esperienza umana dell’incontro informale ed occasionale come via privilegiata di testimonianza cristiana e di scoperta nel farci compagni di cammino di fratelli e sorelle che incontriamo ogni giorno nella vita; ancora favorire l’ascolto dell’altro, prima del giudizio affrettato e pungente e infine promuovere esperienze semplici e quotidiane di condivisione, senza logiche utilitaristiche o divisive. Scrive ancora il nostro arcivescovo: “Non si può immaginare che il popolo in cammino viva di nostalgia e si ammali di risentimento e di rivendicazioni, perché proprio per questo si è deciso il pellegrinaggio, per uscire da una terra straniera e da una condizione di schiavitù”. Essere un popolo in cammino è liberante. Ci toglie di dosso tante “tradizioni” inutili e superate; ci permette di misurarci con le nostre fragilità ed ipocrisie, senza nasconderci per paura o per pigrizia; ci invita a compiere l’impresa più ardua nella nostra avventura cristiana: “rinascere dall’alto”.

Per chiudere, se qualcuno mi chiedesse come passare da una chiesa-gruppi a una chiesa-popolo risponderei così: in parrocchia stiamo cercando persone che siano facilitatori di incontro tra le persone, esecutori capaci di coinvolgere altre persone nelle imprese e soprattutto cercatori di Dio.

Don Luigi