Carissimo popolo di Dio che vive a Cassina de’ Pecchi,
nella Messa a conclusione del Sinodo papa Francesco ha tracciato l’identikit della Chiesa sinodale,
“una Chiesa in piedi”, che raccoglie il grido dell’umanità e non cammina “secondo i criteri del mondo”. “Il Signore lo si segue lungo la strada, non nei labirinti delle nostre idee”.
Di seguito il commento di una giornalista che ha seguito i lavori del Sinodo (di Maria Michela Nicolais).
“Non una Chiesa seduta, ma una Chiesa in piedi. Non una Chiesa muta, ma una Chiesa che raccoglie il grido dell’umanità. Non una Chiesa cieca, ma una Chiesa illuminata da Cristo che porta la luce del Vangelo agli altri. Non una Chiesa statica, ma una Chiesa missionaria, che cammina con il Signore lungo le strade del mondo”. È l’immagine con cui papa Francesco, nell’omelia della messa presieduta nella basilica di San Pietro a conclusione del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, ha sintetizzato i tratti di una Chiesa sinodale.
Il punto di partenza additato a padri e madri sinodali è l’esperienza del cieco Bartimeo che, una volta recuperata la vista, seguiva Gesù “lungo la strada”, come dice il Vangelo. “Questa è un’immagine della Chiesa sinodale – ha spiegato Francesco -. Il Signore ci chiama, ci rialza quando siamo seduti o caduti, ci fa riacquistare una vista nuova, affinché alla luce del Vangelo possiamo vedere le inquietudini e le sofferenze del mondo; e così, rimessi in piedi dal Signore, sperimentiamo la gioia di seguirlo lungo la strada”.
L’esempio da seguire è quello del cieco Bartimeo, la cui posizione iniziale, nel Vangelo, “è tipica di una persona ormai chiusa nel proprio dolore, seduta sul ciglio della strada come se non ci fosse nient’altro da fare se non ricevere qualcosa dai tanti pellegrini di passaggio nella città di Gerico in occasione della Pasqua”. “Ricordiamoci questo, invece – il monito del Papa -. Il Signore passa, sempre il Signore passa e si ferma per prendersi cura della nostra cecità”. “Per vivere davvero non si può restare seduti”, ha ripetuto Francesco, secondo il quale “vivere è sempre mettersi in movimento, mettersi in cammino, sognare, progettare, aprirsi al futuro”.
“Non abbiamo bisogno di una Chiesa seduta e rinunciataria, ma di una Chiesa che raccoglie il grido del mondo e si sporca le mani per servirlo”, la tesi del Papa, che ha lanciato un monito preciso: “Quando siamo seduti e accomodati, quando anche come Chiesa non troviamo le forze, il coraggio e l’audacia necessaria per rialzarci e riprendere il cammino, ricordiamoci di ritornare sempre al Signore e al suo Vangelo”.
“Non restare seduti nelle nostre cecità, cecità che si può chiamare comodità, cuore chiuso. Il Signore passa, il Signore passa tutti i giorni, il Signore passa sempre e si ferma per prendersi cura della nostra cecità. Io lo sento passare? Ho capacità sentire i passi del Signore, di discernere quando il Signore passa, di sentire il grido dei bambini schiavizzati in tante parti del mondo per il lavoro, di sentire quella voce spezzata di chi non ha più neanche la forza di gridare a Dio perché non ha voce, perché si è rassegnato?”, le domande esigenti fuori testo.
“Ritornare al Signore, ritornare al Vangelo, sempre e di nuovo” è la consegna finale del papa.
don Luigi