Educare : passione per il mare aperto

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Carissimo popolo di Dio che vive a Cassina de’ Pecchi,

la vita ci ha insegnato che il nostro posto non è nei successi e nei risultati trionfali, ma in una barca in mare, mare aperto, dove prima o poi durante la navigazione della vita verranno acque agitate e vento contrario. Vera educazione non consiste nell’insegnare le regole della navigazione, ma nel trasmettere la passione per il mare aperto, il desiderio di navigare oltre, passione d’alto mare.

Nell’avventura educativa che coinvolge diverse figure di riferimento – genitori, nonni, professori, medici, allenatori, psicologi, sacerdoti, religiose, istruttori, … – mi permetto di evidenziare alcuni aspetti per coloro che hanno ancora la passione per il mare aperto e che osano anche parlare della vita spirituale.

Ricordo che negli anni del liceo ci fu un episodio che mi colpì particolarmente  e mi fece comprendere l’importanza dell’educatore. Un giorno un professore ammalato non riuscì a venire a fare la lezione in classe e allora pensò di registrare la lezione con voce rauca e stridula. Quella mattina in classe avevamo un nuovo professore: il registratore. Da quel giorno pensai che l’educare non è riempire dei sacchi vuoti, trasmettere nozioni, che il mezzo non supererà mai la bellezza dell’incontro faccia a faccia.

Educare faccia a faccia

La società e la cultura dell’immagine fanno vedere, ampliano le conoscenze e gli interessi, senza che si possa interloquire con chi ascoltiamo e vediamo; lo conosciamo senza incontrarlo, ce ne sbarazziamo senza che faccia resistenza. Nessun confronto, nessun impegno in questa relazione in cui l’uno vede e l’altro viene visto. A questo primato della vista sull’incontro o della conoscenza sul dialogo si oppone, nell’esperienza dell’educatore, il primato della sua relazione con i propri allievi o i propri bambini. Sicuramente tanti conflitti sparirebbero se i genitori si vedessero solo in televisione, o il professore solo al cinema! Ma non può essere così. Il padre di famiglia o il professore devono vedersela, fisicamente e spiritualmente con dei bambini. L’educatore è anzitutto l’uomo del faccia a faccia. 

Educare superando le paure

Queste circostanze possono provocare negli educatori inadeguatezza, incapacità a seguire l’evoluzione e a fornire un esempio proporzionato ad una esigenza nuova.

C’è un detto arabo che dice:” Non cresce un ragazzo senza che un leone muoia”. Esso sta ad indicare l’accompagnamento umano e spirituale dei genitori verso i loro figli. Esso fa capire quanto è difficile accompagnare i ragazzi nella loro crescita e quanti sacrifici i formatori devono compiere per far crescere i ragazzi: il leone, simbolo della forza, deve donare la vita perché un bambino possa crescere. Inoltre, l’educatore non può escludere la propria collaborazione con gli altri. Attraverso la pluralità degli organismi educativi, scopre di essere solo un educatore fra tanti altri, coinvolto in una responsabilità condivisa, in un corpo che si edifica in virtù dell’attività reciproca di tutti i suoi membri.

Educare alla vita interiore

Scrive Pablo d’Ors: “Se avessi avuto un figlio naturale, la mia massima preoccupazione sarebbe stata come educarlo alla vita interiore. Quando osservo i miei contemporanei, constato che una delle loro maggiori pecche è l’incapacità di restare in silenzio e amare la solitudine. So per esperienza che senza la solitudine e il silenzio non è possibile l’interiorità, perciò i miei contemporanei – ne siano coscienti o meno – devono essere privi della cosiddetta vita interiore. Senza vita interiore non c’è vita spirituale: è un dato di fatto; e senza vita spirituale non ci può essere nulla di simile alla religione. Stando così le cose, io sarei preoccupatissimo riguardo all’educazione di mio figlio nella società attuale. In effetti devo ammettere di non aver mai conosciuto un uomo di Dio che non fosse un solitario. E non c’è da stupirsene: l’amore richiede intimità con l’Amato”.

don Luigi