Convivialità

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Carissimo popolo di Dio che vive a Cassina de’ Pecchi,

vorrei parlarvi della convivialità come possibilità per uscire dalle paure dell’altro e dall’errore di sentirci sicuri solo perché isolati e protetti o solo con gli amici fidati. La convivialità è associata all’individuo e all’atmosfera di piacere e dialogo che si instaura fra più persone durante un ritrovo, in particolare tra commensali. Una persona conviviale non si improvvisa, anzi si educa, si esercita, sperimenta e matura dentro di sé una sensibilità a presentarsi agli altri in modo libero e accogliente. Inoltre, il conviviale sa accettare l’altro senza eccessivi pregiudizi, perché sa che la precomprensione è nemica della convivenza. Osare la convivialità potrebbe essere un percorso di liberazione dall’eccessivo ripiegamento su noi stessi e dalla paura di incontrare persone diverse da noi per cultura, morale o religione.

Faccio alcuni esempi. Il saluto o lo scambiare due parole. La nostra giornata ci mostra ovunque sguardi appiccicati agli smartphone. In questa babele virtuale il volto reale dell’altro, ogni altro, diventa un intruso, uno che mi disturba nel mio assoluto bisogno di essere collegato in modo solo distaccato dagli altri. La convivialità ci sprona allo sguardo, alla stretta di mano, a rallentare il passo, a una domanda di cortesia, a un sorriso o un abbraccio, a fermarci, a essere lì dove siamo e come siamo. La convivialità non si risolve con una foto postata o una frase indovinata, ma la persona osa presentarsi semplicemente e realmente, dice delle parole per esprimere la propria disponibilità all’altro e ascolta con attenzione la risposta per accrescere la convivenza pacifica.

Un caffè, una colazione, un pranzo o una cena. Questa scelta è la strada maestra della convivialità. La saggezza popolare ci ha tramandato detti significativi al riguardo. Se vuoi conoscere una persona cammina con lui per tre chilometri oppure guarda le sue mani oppure mangia nello stesso piatto e molte altre. La convivialità osa queste scelte, non si nasconde dietro al culturalmente, moralmente o religiosamente corretto, non dice: non tocca a me, anzi è coraggiosa. Ci toglie di dosso le paure perché le affronta in un modo umano, semplice e convincente: la condivisione della tavola che struttura il nostro esistere è indispensabile, ci sostiene, perché solo cibandoci viviamo, diversamente cessiamo di vivere. Noi abbiamo bisogno di nutrirci e anche di condividere la tavola.

L’ultimo esempio è il ricordo di una frase che ho trovato scritta sul muro di una stazione ferroviaria: le persone non si aspettano, i treni si aspettano, alle persone si va incontro.

Convivialità è anche andare incontro all’altro.

don Luigi