Carissimo popolo di Dio che vive a Cassina de’ Pecchi,
per esprimere nella preghiera e nella fraternità la nostra vicinanza a don Stefano ordinato sacerdote nel Duomo di Milano, vi propongo parte dell’omelia tenuta da papa Leone XIV il 31 maggio durante la S. Messa degli ordinandi sacerdoti a Roma:
“Cari ordinandi, concepite allora voi stessi al modo di Gesù! Essere di Dio – servi di Dio, popolo di Dio – ci lega alla terra: non a un mondo ideale, ma a quello reale. Come Gesù, sono persone in carne e ossa quelle che il Padre mette sul vostro cammino. A loro consacrate voi stessi, senza separarvene, senza isolarvi, senza fare del dono ricevuto una sorta di privilegio. Papa Francesco ci ha messo tante volte in guardia da questo, perché l’autoreferenzialità spegne il fuoco dello spirito missionario.
La Chiesa è costitutivamente estroversa, come estroverse sono la vita, la passione, la morte e la risurrezione di Gesù. Voi farete vostre le sue parole in ogni Eucaristia: è «per voi e per tutti». Dio nessuno l’ha mai visto. Si è rivolto a noi, è uscito da sé. Il Figlio ne è diventato l’esegesi, il racconto vivo. E ci ha dato il potere di diventare figli di Dio. Non cercate, non cerchiamo altro potere!
Il gesto dell’imposizione delle mani, con cui Gesù accoglieva i bambini e guariva i malati, rinnovi in voi la potenza liberatrice del suo ministero messianico. Negli Atti degli Apostoli quel gesto che tra poco ripeteremo è trasmissione dello Spirito creatore. Così, il Regno di Dio mette ora in comunione le vostre personali libertà, disposte a uscire da sé stesse, innestando le vostre intelligenze e le vostre giovani forze nella missione giubilare che Gesù ha trasmesso alla sua Chiesa.
Nel suo saluto agli anziani della comunità di Efeso, di cui abbiamo ascoltato qualche frammento nella prima Lettura, Paolo trasmette loro il segreto di ogni missione: «Lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi» (At 20,28). Non padroni, ma custodi. La missione è di Gesù. Egli è Risorto, dunque è vivo e ci precede. Nessuno di noi è chiamato a sostituirlo. Il giorno dell’Ascensione ci educa alla sua presenza invisibile. Egli si fida di noi, ci fa spazio; è persino arrivato a dire: «È bene per voi che io me ne vada» (Gv 16,7). Anche noi Vescovi, cari ordinandi, coinvolgendovi nella missione oggi vi facciamo spazio. E voi fate spazio ai fedeli e ad ogni creatura, cui il Risorto è vicino e in cui ama visitarci e stupirci. Il popolo di Dio è più numeroso di quello che vediamo. Non definiamone i confini.
Di San Paolo, di quel suo commovente discorso di addio, vorrei sottolineare una seconda parola. Essa, in realtà, precede tutte le altre. Egli può dire: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo» (At 20,18). Teniamo nel cuore e nella mente, ben scolpita, questa espressione! «Voi sapete come mi sono comportato»: la trasparenza della vita. Vite conosciute, vite leggibili, vite credibili! Stiamo dentro il popolo di Dio, per potergli stare davanti, con una testimonianza credibile.
Insieme, allora, ricostruiremo la credibilità di una Chiesa ferita, inviata a un’umanità ferita, dentro una creazione ferita. Non siamo ancora perfetti, ma è necessario essere credibili. …
«L’amore del Cristo infatti ci possiede», cari fratelli e sorelle! È un possesso che libera e che ci abilita a non possedere nessuno. Liberare, non possedere. Siamo di Dio: non c’è ricchezza più grande da apprezzare e da partecipare. È l’unica ricchezza che, condivisa, si moltiplica. La vogliamo insieme portare nel mondo che Dio ha tanto amato da dare il suo unico Figlio (cfr Gv 3,16)”.