2 febbraio – 36° Giornata per la Vita: “GENERARE FUTURO”

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 “I figli sono la pupilla dei nostri occhi. Che ne sarà di noi se non ci prendiamo cura dei nostri occhi? Come potremo andare avanti?”.

Così Papa Francesco ha illuminato ed esortato tutti alla custodia della vita, ricordando che generare ha in sé il germe del futuro. Il figlio si protende verso il domani fin dal grembo materno, accompagnato dalla scelta provvida e consapevole di un uomo e di una donna che si fanno collaboratori del Creatore.

La nascita spalanca l’orizzonte verso passi ulteriori che disegneranno il suo futuro, quello dei suoi genitori e della società che lo circonda, nella quale egli è chiamato ad offrire un contributo originale.

Questo percorso mette in evidenza il nesso stretto tra educare e generare: la relazione educativa si innesta nell’atto generativo nella consapevolezza che il bambino impara a vivere guardando ai genitori e agli adulti. Ogni figlio è volto del “Signore amante della vita” (Sap 11,26), dono per la famiglia e per la società.

Generare la vita è generare il futuro anche oggi, nel tempo della crisi. Da essa si può uscire mettendo i genitori nella condizione di realizzare le loro scelte e i loro progetti.

Il desiderio di generare può restare mortificato per la carenza di adeguate politiche familiari, per la pressione fiscale e una cultura diffidente verso la vita. Favorire questa aspirazione porterebbe ad arricchirci del contributo unico dei figli, autentico bene sociale oltre che segno fecondo dell’amore sponsale.

Educando al dialogo tra le generazioni potremo unire in modo fecondo la speranza e le fatiche dei giovani con la saggezza, l’esperienza di vita e la tenacia degli anziani.

La cultura dell’incontro è indispensabile per coltivare il valore della vita in tutte le sue fasi: dal concepimento alla nascita, educando di giorno in giorno, accompagnando la crescita verso l’età adulta e anziana fino al suo naturale termine, e superare così la cultura dello “scarto”.

Si tratta di accogliere con stupore la vita, il mistero che la abita, come realtà che si impone da sé e pertanto non può essere soggetta all’arbitrio dell’uomo.

Il ricorso all’aborto priva ogni anno il nostro Paese anche dell’apporto prezioso di tanti nuovi uomini e donne. Se lamentiamo l’emorragia di energie positive che vive il nostro Paese con l’emigrazione forzata di persone – spesso giovani – con preparazione e professionalità eccellenti, dobbiamo ancor più deplorare il mancato contributo di coloro ai quali è stato impedito di nascere.

Ancora oggi, nascere non è una prospettiva sicura per chi ha ricevuto, con il concepimento, il dono della vita.

La nostra società ha bisogno di uomini e donne che siano messi in condizione di svolgere il loro compito di padri e madri, impegnati a superare l’attuale crisi demografica e tutte le forme di esclusione in particolare di chi è ammalato e anziano, magari con il ricorso a forme mascherate di eutanasia.

Vengono meno così il senso dell’umano e la capacità del farsi carico che stanno a fondamento della società.

Il senso dell’umano è custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.

È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori.

Come un giorno si è stati accolti e accompagnati alla vita dai genitori, così nella fase finale la famiglia e la comunità umana accompagnano chi è “rivestito di debolezza” (Eb 5,2), ammalato, anziano, non autosufficiente, restituendo quanto dovuto, ma anche facendo unità attorno alla persona ora fragile, bisognosa, affidata alle cure e alle mani provvide degli altri.

Generare futuro è tenere ben ferma e alta questa relazione di amore e di sostegno, indispensabile per prospettare una comunità umana ancora unita e in crescita, consapevoli che un popolo che non si prende cura degli anziani e dei bambini e dei giovani non ha futuro, perché maltratta la memoria e la promessa.

 

(Dal Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente)