Carissimo popolo di Dio che vive a Cassina de’ Pecchi,
alla domanda: “chi è la chiesa?”, le risposte sono diverse: il Vaticano, la gerarchia ecclesiale, il popolo di Dio, siamo noi, il parroco e i suoi amici, un’istituzione religiosa, lo scandalo dei preti pedofili, l’oratorio, un edificio di culto e forse ciascuno di noi ha la sua risposta.
Ma la questione del “Credo la Chiesa” nella professione di fede è un’altra, è quella del soggetto che pronuncia la professione di fede cioè “io”. Io non posso accogliere e appartenere al progetto di Dio per l’umanità da solo, “io sono chiesa”.
Io, chiamato da Dio, con il sacramento del Battesimo sono soggetto attivo e responsabile per partecipare alla vita e ai progetti della Chiesa.
Benedetto XVI nell’omelia del Mercoledì delle Ceneri 13 febbraio 2013 ci ricordava che “La dimensione comunitaria è un elemento essenziale nella fede e nella vita cristiana. Cristo è venuto «per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (cfr Gv 11,52). Il “Noi” della Chiesa è la comunità in cui Gesù ci riunisce insieme (cfr Gv 12,32): la fede è necessariamente ecclesiale”
Nella chiesa tutti siamo responsabili di tutto, quindi soffriamo profondamente quando vediamo i “peccatori” nella chiesa e gioiamo della testimonianza dei “santi” che dichiarano possibile il vangelo di Gesù.
La scoperta che “io sono chiesa” ci rende liberi di partecipare, liberi di collaborare e liberi di evangelizzare. È la libertà di superare ogni forma di clericalismo, di ogni visione piramidale della chiesa e riscoprire invece lo spirito conciliare della collegialità, della collaborazione e della soluzione dei conflitti con l’arte del dialogo.
Innanzitutto, partecipare, cioè un battezzato che partecipa e non ritiene insignificante la sua assenza o indifferenza alla vita della comunità nelle sue dimensioni di lode al Signore, di attualizzazione del messaggio evangelico e di servizio ai poveri.
Poi collaborare, ogni battezzato è parte del corpo di Cristo, ogni parte del corpo, anche la più piccola o nascosta collabora alla vitalità di tutto il corpo. Tutti i battezzati possono collaborare, mettendo a disposizioni l’amicizia della loro presenza e le loro doti per costruire una umanità migliore e comunità cristiane più giovani nello spirito.
Infine, evangelizzare, non bruciamo il vangelo nella paura delle nostre scelte pubbliche, nella pigrizia di sentirlo distante dai nostri problemi concreti e nella tentazione di sentirci inadeguati nell’accoglierlo e testimoniarlo; liberiamo il vangelo di Gesù nella nostra quotidianità, diventiamo abituali lettori del vangelo, osiamo parlarne ad altri e lasciamoci scuotere dal vangelo che è una persona: Gesù.
Credo la chiesa, che è una casa, la mia casa e una casa comune aperta a tutti.
Credo la Chiesa che deve rispondere da circa 2000 anni ad una sola domanda, quella che Gesù ha rivolto a Pietro e continua a rivolgere ai cristiani: “Pietro, mi ami tu più di costoro?”(Gv 21,15).
Questa è la chiesa che sogno, amici che gareggiano ad amare e a testimoniare che l’unico “potere” che conta è il servizio. Il vescovo del Salento, don Tonino Bello, che predicò la “Chiesa del grembiule” aveva intuito e testimoniato che la Chiesa non ha bisogno di “segni di potere” per svolgere la sua missione, piuttosto la chiesa deve annunciare e vivere il “potere dei segni”che Gesù ha lasciato alla sua Chiesa.
Don Luigi